Si può essere telepredicatori in una rete televisiva conservatrice e orgogliosamente omofoba ed essere al tempo stesso icone gay? Sì, se ti chiami Tammy Faye, donna che negli anni ’70 e ’80 ha creato un impero insieme a suo marito Jim Bakker, dando vita alla rete tv cristiana d’America più vista di sempre. La storia di Tammy Faye è ora diventata cinema grazie al più classico dei biopic, diretto da Michael Showalter e film d’apertura alla 16esima Festa del Cinema di Roma.
Negli abiti dell’imparruccata, truccatissima e ingioiellata protagonista una strepitosa Jessica Chastain, in grado di mutare al cospetto di un personaggio tanto celebre e chiacchierato in patria. Questo perché Faye e Bakker, reso perfettamente da Andrew Garfield, precipitarono rovinosamente dopo aver toccato il cielo con un dito, a causa di scandali finanziari e sessuali. L’uomo che le sedeva accanto, il telepredicatore Jim, non era altro che un truffatore nonché un represso omosessuale, subdolo manipolatore in grado di spremere la sua voce, la sua telegenia, il suo buon cuore.
Tammy Faye era infatti orgogliosamente convinta che un vero cattolico non potesse puntare il dito contro nessuno, omosessuali in testa. “Siamo tutti figli di Dio”, rimarcava con sicurezza, provando a combattere la dichiarata omotransfobia che serpeggiava tra i repubblicani e gli ultraconservatori dell’epoca. Alla storia passò una sua diretta televisiva, quando intervistò un ragazzo gay malato di Aids, suscitando clamore dopo aver chiesto ai genitori a casa di accogliere i propri figli, qualunque orientamento sessuale avessero.
Caduta in disgrazia dopo l’arresto del marito, Faye ha continuato a lottare per diritti LGBT fino al giorno della sua morte, con quel volto esageratamente pittato e i look alla Liberace straordinariamente camp a renderla immediatamente riconoscibile. Non solo telepredicatrice ma anche apprezzata cantante, Tammy Faye venne idolatrata per quasi due decenni da milioni di americani, ogni giorno, per i suoi messaggi di amore, compassione e gioia, che facevano a cazzotti con la macchina ultra-cattolica che predicava omofobia a buon mercato.
La penna di Abe Sylvia edulcora la storia criminale che fa da sfondo alla pellicola, così come la regia di Showalter fatica a scostarsi dalla strada del più tradizionale e scontato dei biopic, ma tra ipocrisia cattolica, sociale e politica e moralismi da quattro soldi, Gli Occhi di Tammy Faye si regala una Jessica Chastain memorabile, in grado di umanizzare un personaggio tanto ambiguo, ingenuo e ipnotico persino sotto tonnellate di trucco prostatico.