Nel caseificio in provincia di Latina dove lavora andava tutto bene finché un giorno, non ha deciso di dichiarare apertamente, a dirigenti e colleghe, che avrebbe intapreso il percorso per il cambio di sesso. Da quel momento, per il 35enne laziale è iniziato l’inferno. A raccontare la dolorosa vicenda è Daniele Stoppello, responsabile legale della Gay Help Line romana che ha raccolto la denuncia. "Il transessuale – afferma Daniele Stoppello – lavora da circa 10 anni per una grande azienda casearia pontina come operaio e i suoi problemi cominciano circa 5 anni fa. Da quel momento è iniziato un vero e proprio calvario: gli viene vietato l’accesso al bagno e allo spogliatoio costringendolo, di fatto, a cambiarsi in corridoio, gli ripetono ‘vedrai, un po’ alla volta ti faremo impazzire’, si rivolgono a lui usando l’appellativo ‘Transformer’, viene isolato dagli altri colleghi durante l’ora di pranzo, nel 2008 riceve una serie di lettere di richiamo a cui, però, non segue alcun provvedimento e viene più volte malmenato e insultato".
"Il 13 settembre scorso – prosegue l’agghiacciante racconto – esasperato da questo clima, ha tentato di togliersi la vita tagliandosi i polsi con un taglierino all’interno dell’azienda, in presenza di colleghe e dirigenti. Nonostante perdesse molto sangue è stato anche spintonato per essere poi soccorso all’uscita dello stabilimento dagli operai di un’azienda vicina, e trasportato successivamente all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina". "Questo episodio mostra in modo drammatico – ha commentato Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma – una condizione lavorativa assurda, disumana e inaccettabile e dimostra la necessit… di norme severe che contrastino l’omofobia e la transfobia. Il lavoro per le persone trans rappresenta una vera e propria emergenza sociale. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Le Istituzioni intervengano per rendere valido questo principio per tutti, eliminando ogni barriera che ostacola il lavoro per le persone trans".
"Questo episodio – ha dichiarato Paola Concia annunciando un’interrogazione al Ministro del Lavoro – squarcia il velo su un altro aspetto dell’omofobia e della transfobia, il muro che gay, lesbiche e transessuali si trovano di fronte nel mondo del lavoro. L’aspetto più raccapricciante è che quando la donna si è tagliata le vene i suoi colleghi non l’hanno soccorsa e solo l’intervento dei dipendenti di un’azienda vicina le ha salvato la vita. I comportamenti omofobici sono tanti, e non sono solo un problema da codice penale, ma anche una questione di ordine culturale. Per questo motivo – ha concluso la Concia – oltre alla legge per il riconoscimento dell’aggravante di omofobia e transfobia nei reati contro la persona, la cui discussione va avanti in Commissione da dieci mesi, c’è bisogno di altri interventi legislativi, culturali e sociali per cancellare le discriminazioni. E nessuno si può chiamare fuori".
"Quanto accaduto al giovane trans operaio in un’azienda in provincia di Latina è inaccettabile" ha commentato la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini che ha continuato esprimendo "vicinanza e solidarietà al lavoratore".
"Mi auguro – prosegue Polverini – che oltre alle autorità giudiziarie competenti, dopo la denuncia sporta dal giovane, anche i vertici dell’azienda facciano tutte le necessarie verifiche affinché le norme antimobbing siano rispettate ed episodi di questo genere non debbano più ripetersi. Il mobbing è una pratica odiosa, in questo caso con l’aggravante di derivare da una deplorevole discriminazione sessuale e il diritto al lavoro non può essere negato a nessuno. La Regione Lazio, da parte sua sostiene e continuerà a incentivare tutti gli strumenti utili a contrastare forme di omofobia e di discriminazione anche sui luoghi di lavoro". Domani sera, Renata Polverini sarà ospite del Gay Village, insieme al Sindaco di Roma Gianni Alemanno e al Presidente della Provincia Nicola Zingaretti.
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