La Corte Costituzionale ha oggi chiarito le motivazioni delle sentenze n. 32 e 33 dello scorso 28 gennaio, entrambe riguardanti le famiglie omogenitoriali. “Il legislatore trovi forme adeguate di tutela del bambino nato tramite GPA”, avevano precisato dalla Corte, che nelle sue motivazioni oggi rese disponibili sottolinea come il legislatore debba agire tempestivamente per assicurare anche in Italia gli stessi diritti a tutti i bambini, così come “l’orientamento sessuale non incide di per sé sull’idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale”.
“L’ordinamento deve garantire piena tutela all’interesse del minore al riconoscimento giuridico da parte di entrambi i componenti della coppia che ne hanno voluto la nascita e che lo hanno poi accudito, esercitando di fatto la responsabilità genitoriale“, si legge nelle motivazioni della sentenza. La vicenda oggetto del procedimento principale riguardava un bambino nato nel 2015 in Canada da una donna nel cui utero era stato impiantato un embrione formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana. Quest’ultimo si era sposato in Canada – con atto trascritto in Italia nel registro delle unioni civili – con un altro uomo, anch’esso cittadino italiano, con il quale aveva condiviso il progetto genitoriale. In forza di una sentenza canadese, il bambino era stato quindi iscritto come figlio di entrambi gli uomini nel registro locale dello stato civile. I due uomini chiedono ora il riconoscimento dell’efficacia di tale sentenza nel nostro ordinamento.
La Corte costituzionale ha anzitutto ribadito che il divieto, penalmente sanzionato, di ricorrere alla pratica della maternità surrogata risponde a una logica di tutela della dignità della donna e mira anche ad evitare i rischi di sfruttamento di chi è particolarmente vulnerabile perché vive in situazioni sociali ed economiche disagiate. Tuttavia, la Corte ha osservato che la questione ora sottoposta alla sua attenzione è focalizzata sui “migliori interessi” del bambino nei suoi rapporti con la coppia (omosessuale o eterosessuale) che abbia condiviso il percorso che va dal suo concepimento, in un paese in cui la maternità surrogata è lecita, fino al suo trasferimento in Italia, dove la coppia si è presa quotidianamente cura del bambino. In questa situazione – ha osservato la Corte – l’interesse del minore è quello di “ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, ovviamente senza che ciò abbia implicazioni quanto agli eventuali rapporti giuridici tra il bambino e la madre surrogata”. Questi legami sono, infatti, parte integrante della stessa identità del minore, che vive e cresce nell’ambito di una determinata comunità di affetti; il che vale anche se questa comunità sia strutturata attorno ad una coppia composta da persone dello stesso sesso, poiché l’orientamento sessuale non incide di per sé sull’idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale. Inoltre, il bambino ha un evidente interesse a vedere affermata in capo a costoro i doveri inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale e ai quali non è pensabile sottrarsi ad libitum.
In conclusione, scrive la Corte, il legislatore dovrà farsi carico di una disciplina che assicuri una piena tutela degli interessi del minore, in modo più aderente alle peculiarità della situazione, che sono assai diverse da quelle dell’adozione “non legittimante”. Persino la stepchild adoption che il parlamento aveva cestinato con l’approvazione delle unioni civili non basta più. C’è l’immediato bisogno di una legge ad hoc che renda i figli delle coppie gay e lesbiche finalmente uguali a tutti gli altri bambini.
Alessandro Zan, deputato PD, nonché relatore della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, ha chiesto alla politica italiana urgenti risposte.
Con la sentenza n. 32 la Corte stabilisce che l’assenza di una normativa specifica crea una “disarmonia nel sistema”, quindi una vera e proprio discriminazione nei confronti dei figli di coppie omogenitoriali, mentre la n. 33 chiede che siano assicurati i pieni interessi del minore, indipendentemente che la coppia di genitori sia omosessuale o eterosessuale. Queste sono solo le ultime delle tantissime esortazioni che la magistratura ha inviato al Parlamento affinché la dignità e i diritti di tutti i bambini siano pienamente riconosciuti dallo Stato Italiano e venga posta la parola fine a una discriminazione insopportabile che dura da troppo tempo. Chi nega l’urgenza di riconoscere questi diritti, nega la realtà. Ancora una volta la politica e le istituzioni sono in ritardo rispetto alla società.
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