Le Favolose, recensione: Pioggia di stelle dalla sconfinata costellazione trans*

Una storia di fantasmi tra realtà e finzione, trainata da Porpora Marcasciano e con Roberta Torre alla regia.

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Prodotto da Stemal Entertainment con Rai Cinema, Le Favolose di Roberta Torre ha aperto le Notti Veneziane delle Giornate degli Autori alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, prima di sbarcare in sala il 5-6-7 settembre con Europictures.

25 anni dopo il folgorante esordio con Tano da morire, Torre torna al Lido con un docufilm tra realtà e finzione interamente dedicato alla comunità trans* italiana, con sette straordinarie protagoniste. Porpora Marcasciano, Nicole De Leo, Mizia Chiusini, Sofia Mehiel, Veet Sandeh, Antonia Iaia e Massimina Lizzeri.

Cinque amiche, cinque donne che hanno combattuto per vivere appieno la propria identità, si riuniscono per onorare Antonia, deceduta anni prima e ammazzata una 2a volta dai famigliari, che l’hanno vestita da uomo prima di seppellirla. Il ritrovamento di una lettera testamento dell’amica scomparsa convince le cinque a dar vita ad una seduta spiritica, con la quale cancellare dimenticanze passate, cullare ricordi, far riemergere aneddoti dimenticati. Porpora, Nicole, Mizia, Sofia e Veet si riuniscono per rievocarla, nel tentativo di restituirle la sua identità negata. Nel farlo mettono in scena un racconto diviso a metà tra autenticità e teatralità, con il loro vissuto a tracciare storie e memorie dei rispettivi percorsi di vita.

C’è anche il MIT, prima associazione transessuale fondata in Italia, nel 1979, dietro Le Favolose, progetto a lungo cullato da Roberta Torre, rimasta talmente affascinata dalla straordinaria storia di Porpora Marcasciano da volerne fare un film. Sette anni dopo ecco arrivare questo progetto difficilmente classificabile, perché docu-fiction dai lineamenti astratti, in grado di spaziare tra la dura verità di vite che hanno attraversato l’inferno per potersi definire realmente libere e l’astrazione cinematografica di un girotondo d’amore attraversato da fantasmi.

Al cospetto di un vecchio armadio in grado di trasformare le nostre protagoniste, Le Favolose guarda al passato attraverso le lenti del presente, in cui le persone transessuali vengono ancora discriminate, umiliate, diffamate, uccise. Essere donne trans* tra gli anni ’70 e ’80 significava spesso doversi prostituire. Porpora lo ricorda con orgoglio, perché all’epoca erano “ricercate, pure dalla polizia, eravamo gli ammortizzatori sociali di un tempo”. Un’onesta professione che ha permesso a tutte loro, e a chissà quante altre, di sopravvivere. Perché senza la strada, probabilmente, “oggi non saremmo qui”.

La macchina da presa di Roberta Torre si sofferma sui piccoli particolari, con primi piani strettissimi su queste donne il cui vissuto si legge in faccia, tra le rughe del volto. Corpi che sono atti politici, perché in perenne esposizione, al giudizio altrui, alle critiche, alle violenze. Donne che hanno scelto di essere libere, pagandone il prezzo in prima persona. Donne che tra il desiderio e il dramma, hanno sempre scelto lo spettacolo.

C’è chi non ha più avuto contatti con sua madre per un decennio, chi ha avuto un figlio, chi è stata massacrata di botte, chi ha dovuto superare un’overdose da eroina, chi è stata costretta a diventare adulta poco più che bambina, chi è morta e ha visto il proprio nome, il proprio ricordo, la propria vera identità brutalmente umiliate dai propri stessi famigliari, vanificando con violenza tutto il percorso faticosamente compiuto. La sacralità della vestizione che coinvolge tutte le protagoniste è pura gioia, un’ode all’esistenza e all’essere liberə, liberə di essere chi siamo, sempre e comunque.

Come nell’indimenticata Transparent, serie Prime Video di Jill Soloway, filmati in Super8 riportano a galla immagini dal passato, mentre la finzione prende sempre più spesso il sopravvento con il passare dei minuti, spaesando lo spettatore. Perché ciò che inizialmente sembrava un documentario si è trasformato in altro, in finzione quasi teatrale, come se anche scrittura, regia e messa in scena fossero in transizione, in egual misura alle sue protagoniste, Favolose stelle della sconfinata costellazione trans.

Questo film è un contributo alla ricerca della libertà, un inno a chi fa della propria vita un percorso libero, con forza, coraggio, lacrime, gioia, nonostante tutto”, ha rivendicato Torre, regista e co-sceneggiatrice al fianco di Cristian Cerasoli.

Voto: 6

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