Achille Lauro che reinterpreta la copertina di Rane Supreme di Mina, Francesca Michielin che si impegna affinché il bouquet non sia solo un omaggio per donne, Damiano dei Maneskin che duetta – in corsetto – con Manuel Agnelli, Veronica de La Rappresentante di Lista con i peli (fucsia) sotto le ascelle, Mahmood in gonna, Madame che abbina il velo da sposa a un abito maschile.
A Sanremo 2022 Amadeus, direttore artistico e conduttore della kermesse, ci arriva dopo aver raggiunto lo scorso anno, in piena pandemia, un picco di queerness che mancava, da molto tempo, all’Ariston. Per questo motivo, a poche ore, dal debutto lo abbiamo raggiunto per capire cosa dobbiamo aspettarci quest’anno.
INTERVISTA AD AMADEUS
Uno show capace di coinvolgere persone con storie di conquiste molto diverse è qualcosa che capita o è un progetto studiato?
È tutto studiato e pensato. Sanremo è il palco più importante d’Italia. Tutto quello che accade sul palco dell’Ariston ha una luce fortissima. Fin dal primo anno ho voluto garantire a tutte le persone che partecipano a Sanremo la facoltà e il diritto di dire qualcosa. Per me è importante.
Inclusività è un termine molto usato, in questi giorni per Sanremo 2022. Cos’è per te l’inclusività?
Io non amo le caselle. Non credo che qualcuno debba chiedere di essere incluso. Deve esserlo senza che lo chieda. Siamo tutti, di diritto, inclusi in una comunità.
Perché hai scelto Drusilla Foer?
Volevo fare con l’aiuto di 5 donne un omaggio al mondo del teatro, del cinema, della fiction, il settore che con la musica ha sofferto molto in questi anni. Drusilla Foer è molto brava a teatro. Si capisce che ha mestiere. Io non la conoscevo prima di lavorare su questo festival. Quando ci siamo incontrati per la prima volta ho capito che era la persona giusta per rappresentare il teatro in maniera non scontata.
La tua imitazione di Amanda Lear a Tale e Quale è, ancora oggi, uno dei cult del programma di Rai1. Cosa ha rappresentato, come persona e professionista, la tua partecipazione a Tale e Quale?
Io venivo da un momento buio della mia carriera. Avevo bisogno di ritrovare la gioia e il divertimento che avevo prima, durante gli anni a “L’Eredità”. Ero un neofita delle imitazioni. Non le avevo mai fatte. Ho chiesto io di fare il provino. Mi ricordo che ho portato Arbore, Amanda Lear. Piacquero molto. Durante quell’edizione feci Arbore alla prima puntata, poi fu la volta di Amanda Lear. È stata un’edizione speciale. Oltre all’amico Carlo Conti c’era con me Fabrizio Frizzi. Da lì poi è ripartito tutto.
Con quale canzone, rappresentativo della tua storia, apriresti un Pride?
Lo aprirei con “Zitti e Buoni” dei Maneskin, una canzone che fa, ormai, parte della storia del Festival e che ha un testo fortissimo. La gente parla ma non sa di cosa parla. Se io fossi il padrino del Pride ricorderei a tutti di parlare con cognizione di causa, non a vanvera.
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