È un problema che molti Paesi possono dire di avere in comune: la burocrazia ha tempi molto lunghi e spesso non riesce ad andare di pari passo con il progresso, sia esso sociale o tecnologico. Questa volta è il turno dell’Argentina, che a luglio si è aggiunta alle Nazioni – Canada, Nuova Zelanda, India e presto gli Stati Uniti – che riconoscono sulle carte d’identità il genere X, per tutte le persone non-binarie che non si sentono né uomo né donna. Il Boletín Oficial de la República Argentina aveva spiegato come la decisione riguardasse tutti gli argentini che «non si sentono compresi sotto il binario maschio/femmina».
Mentre i documenti fisici avevano subito iniziato ad essere emanati, le agenzie nazionali avevano fino al 18 novembre per aggiornare i loro sistemi in modo che, dove fosse richiesto di indicare il proprio genere, comparisse anche la terza opzione. Missione fallita. La scadenza non è stata rispettata e, come molti hanno testimoniato, le persone non-binarie si trovano al momento in una sorta di limbo burocratico. Valentin Luy Machado, uno dei primi a ricevere il nuovo documento d’identità, ha sottolineato come: «Ci serve un documento perché è la chiave per accedere a molti dei nostri diritti umani». Attivista del gruppo Todes con DNI, ha dovuto però riservare al traguardo storico per il Paese parole amare. «Ecco la tua chiave, ma questa non apre nessuna porta. C’è ancora molto da sistemare prima di ottenere un documento».
Il presidente Alberto Fernández, nel suo discorso alla cerimonia ufficiale, aveva parlato alla comunità e alle organizzazioni LGBTQ+, chiedendo a tutti di aprire le proprie menti. «Tra ciò che è ideale e ciò che è possibile, andiamo con ciò che è possibile perché ogni giorno siamo più vicini all’ideale. Dobbiamo aprire le nostre menti. Ci sono altre identità oltre agli uomini e alle donne che sono sempre esistite, ma prima venivano nascoste». Parole che dimostrano buona intenzioni, se non fosse che la macchina burocratica sembra non essere della stessa idea, o quantomeno non avere la stessa premura.
Il provvedimento era già stato criticato in partenza dagli attivisti trans* e non-binari, che sostenevano come la cosa migliore fosse stata lasciare il campo del genere vuoto, in modo che ognuno potesse inserire ciò che preferiva. Il governo ha preferito prendere un’altra strada, anche se in molti pensano che il giusto corso d’azione sarebbe stato aggiornare prima i sistemi e poi dare i documenti fisici, che in questo momento risultano essere inutili.
«È come se stessimo infrangendo il sistema, ma sono stati loro stessi a farlo»
Così ha continuato Machado, che ha spiegato poi i problemi riscontrati concretamente: «Qualsiasi cosa che richieda l’accesso con il mio numero identificativo e il mio sesso, non posso più accedervi. Nemmeno Registro Nazionale delle Persone (RENAPER), che ha effettuato questa misura – hanno emesso un terzo genere sull’ID. Eppure, per accedere al loro sito web, si deve scegliere uno dei due sessi binari».
Non è ancora chiaro quante persone si trovino effettivamente in questo limbo o in che percentuale ne siano colpite. Finché la burocrazia non risolverà questo disguido, però, il loro stato di cittadini rimane sospeso.
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