Levi Riso
Dopo aver esordito nel 2014 alla Semaine de la Critique di Cannes con Più buio di Mezzanotte, e successivamente alla Mostra del Cinema di Venezia con Una famiglia nel 2017, sette anni dopo la regista Levi Riso ha fatto coming out come donna transgender.
In un’intervista a Ilaria Ravarino di The Hollywood Reporter Roma, Riso ha raccontato questa nuova parentesi della sua vita, accompagnata da nuovi progetti e la passione per le moto. La regista è difatti la prima persona transgender iscritta ufficialmente alla Harley Owners Group, la più grande associazione di harleysti al mondo, in 120 anni di storia.
Una passione, racconta Riso, scoperta proprio ai primi step del suo percorso, quando ha deciso di fare tutto quello che le piaceva: “Inclusa la moto” dice la regista a THR “La Harley Davidson è stata la mia prima pelle dopo essermi spogliata di quella “vecchia”. Una pelle che è un po’ una corazza di metallo, che mi ha protetta negli anni della presa di coscienza. Letteralmente”.
Parla della sua transizione come il nuovo step di una scoperta graduale avvenuta nell’arco di dieci anni, definendola più “una transizione percettiva, che genitale“. Una riappropriazione di sé stessa, non dettata dalle aspettative altrui, ma dalla percezione di sé. “Mi sono chiesta: cosa significa essere una donna? Sono una donna? Sono un uomo? Cosa sono?” racconta a THR “Alla fine mi sono risposta: sono un omaggio alla femminilità. E mi sono impegnata perché questo omaggio arrivasse nel modo più lieve ed elegante possibile. Mi sono detta: anziché prendere ormoni, cerca di leggere più libri. Anziché fare un percorso di pillole, fai che le tue pillole siano suggestioni intellettuali. Cerca personaggi che ti possano guidare”.
Nel suo viaggio, Riso si è fatta accompagnare dalle parole di Rita Levi Montalcini e Primo Levi, con la consapevolezza che le persone transgender sono considerate “cittadine di serie B” e che in alcuni paesi del mondo non potrà più mettere piede, riconoscendo: “È interessante: nel momento in cui fai un gesto di grande onestà, ufficializzando e mostrando agli altri i tuoi sentimenti, questa cosa genera nel mondo una grandissima paura”.
Ma oggi racconta di andare a letto felice e svegliarsi contenta. Quando le vengono chiesti i pronomi, crede sia importante affidarsi alla percezione altrui (pur rispettando la sofferenza di chi si sente chiamare con la declinazione sbagliata), e nel suo caso risponde: “Se riesci a concepire un’idea del maschile con il seno e questo aspetto, puoi chiamarmi come vuoi”.