Dopo essersi commossa in Senato nel ricordare la reazione della mamma al suo coming out, Barbara Masini, senatrice di Forza Italia, si è piegata alla linea dettata dal suo partito, Forza Italia. Esattamente come Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato del partito, Masini ha aperto alle modifiche sul DDL Zan. A partire dal tanto discusso articolo 1, con Lega, FI e Italia Viva pronti a stralciare l’identità di genere: «Sono solo definizioni che esistono già nella giurisprudenza e non deve essere certo Zan a spiegarcele. È l’articolo 2 che dà le tutele. Poi toglierei il 4, non stravolge la legge. E sul 7 metterei dei limiti: nessuna educazione ai bambini delle elementari. Però siamo chiari: se la legge rimane così com’è io la voto tutta la vita». Criticata sui social, la senatrice ha poi dato ulteriori chiarimenti (a seguire).
Attuale Ministro per il Sud e la coesione territoriale, e dal 2008 al 2011 Ministro per le pari opportunità, anche Mara Carfagna ha sposato la strada del ‘compromesso’, dalle pagine de LaRepubblica. “Chi insiste per una norma bandiera non fa il bene delle persone che dice di voler difendere, ma divide il Paese: l’errore più grave che si possa fare. Introduciamo i reati e togliamo di mezzo una definizione divisiva, quella sull’identità di genere“. Talmente ‘divisivo’, come concetto, dall’essere presente nella legislazione italiana, nel diritto europeo e nella giurisprudenza. Come possa essere ‘divisivo’ introdurre l’identità di genere tra le condizioni personali che potrebbero essere oggetto di violenza e discriminazione e che necessitano di tutela non è chiaro, se non a coloro che vogliono affossare il DDL Zan.
Anche Anna Maria Bernini, che in aula ha più volte chiesto a Pd, LeU e 5 Stelle di sedersi ad un tavolo con Lega e Forza Italia per ‘mediare’ sul DDL Zan, si è detta convinta sui social che “le persone transessuali debbano essere tutelate. Però la mediazione è fondamentale“, perché fino a poche settimane fa “non si parlava di limare il testo ma di cassarlo“.
L’unico parlamentare ‘berlusconiano’ fino ad oggi sempre in difesa del DDL Zan, ogni giorno con tweet puntualmente e interamente dedicati alla sua rapida approvazione, è stato Elio Vito. Dopo averlo votato alla Camera lo scorso novembre, Vito ha fatto sua una battaglia di pura civiltà, unica vera voce contraria all’interno di un partito che di “liberale” ed europeista ha ormai poco o niente, visto quanto pronunciato all’interno e all’esterno dei due palazzi nei confronti dell’attuale legge contro l’omotransfobia.
“Io sono convinto che gli argomenti che la destra sta utilizzando “grotteschi” per non dire altro, e finiscono per essere controproducenti per chi li promuove“, ha ribadito Vito a NextQuotidiano. “Si coprono di ridicolo con cose che non hanno nulla a che vedere con la legge, come l’utero in affitto, lo smalto per gli uomini. Questo testimonia la grande difficoltà che hanno ad entrare nel merito. Perché nel merito è difficile opporsi a quei contenuti, che sono già presenti in risoluzioni del Parlamento europeo e che la destra ha anche votato. Ma se sui contenuti c’è poco da dire, allora votiamolo“.
Anche Vito, però, ha alla fine ceduto alla strada delle modifiche, pur di portare a casa una legge, sposando le proposte presentate dalla collega Masini: “Io ho votato il testo alla Camera, e Barbara dice che il testo lo voterebbe al Senato. Ma se proprio c’è da modificarlo, noi abbiamo fatto le nostre proposte, per non essere succubi di quelle della Lega e Italia Viva che eliminerebbero l’identità di genere, escludendo un sacco di persone dalle tutele della legge. Noi vorremmo togliere l’articolo 1, perché contiene tutte definizioni già acquisite nel nostro ordinamento. Togliamo un alibi ai detrattori della legge e li mettiamo alla prova del voto. Per quanto riguarda l’articolo 4, Mariastella Gelmini disse a Zan che se non ci fosse stato Forza Italia avrebbe votato la legge. Preciso che si tratta solo di una giornata di sensibilizzazione, non c’è nessun “indottrinamento gender”. La giornata contro l’omotransfobia c’è in tutto il mondo, se ritengono che sia prematuramente affrontato la togliamo dalle elementari la mettiamo alle medie. È una mediazione accettabile e ragionevole, anche Zan la pensa così“.
Tutto ciò, cosa che la stragrande maggioranza degli oppositori al DDL Zan finge di non sapere, con l’incubo del calendario all’orizzonte. Perché a poco più di un anno e mezzo dalla fine della legislatura, qualsiasi modifica obbligerebbe il DDL a ricominciare l’iter alla Camera dei deputati, dove inizialmente è rimasto un anno, per poi tornare al Senato. Checché ne dica Matteo Renzi, convinto che “bastano 15 giorni per votarlo”, a mancare è proprio il tempo (legato ad una concreta volontà). D’altronde nessuno, tra Lega e Forza Italia, ha mai proposto tempi certi e blindati dinanzi a modifiche ‘condivise’, in modo da garantire una rapida approvazione del DDL con terza lettura. Chiunque proponga accordicchi di qualsiasi tipo aggirando il problema delle più ovvie e dirette conseguenze parlamentari, gioca sporco sulla pelle dei più discriminati tra i discriminati.
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