Grindr ha rivelato che gli utenti potranno mostrare le natiche nelle proprie foto pubblicate sull’app di incontri. Ma non è un buon momento per il marchio. Né carne, né pesce, né sesso esplicito, né ambiente davvero protetto, l’app di incontri sembra non trovare nuovi sbocchi di futuro, in un mondo che cambia sempre più velocemente e nel quale gli utenti, soprattutto quelli di nuova generazione, faticano a farsi cucire addosso etichette. Salvo essere manipolati da regimi di censura ancora più avvolgenti.
Da qualche giorno il marchio Grindr è suo malgrado rimbalzato sui media a causa del serial killer Stephen Port, arrestato in Gran Bretagna nel 2015 e condannato all’ergastolo per aver ucciso quattro ragazzi gay abbordati mediante l’app di incontri. Il caso è tornato alla ribalta perché – lungi dalle responsabilità dirette di Grindr – nello svolgimento del processo è emersa la responsabilità della polizia durante le indagini. Ne abbiamo parlato qui.
Il caso ha ispirato la stesura di un romanzo, che uscirà nel Regno Unito il 17 Febbraio 2022, A Life Stolen: The Tragic True Story of My Son’s Murder, scritto da Sarah Sak, madre di Anthony Walgate, uno dei ragazzi abbordati (via Grindr), drogati, stuprati e infine uccisi dal serial killer Stephen Port. I nomi degli altri ragazzi assassinati sono: Gabriel Kovari, Daniel Whitworth e Jack Taylor.
Non è finita. Da pochi giorni BBC ha reso pubblico il trailer di Four Lives, serie tv in tre puntate che racconterà la storia del serial killer di Grindr. Potete guardare il video trailer della mini-serie scritta da Neil McKay e diretta da David Blair, vi abbiamo raccontato la storia qui (VIDEO >).
Per fortuna Grindr è anche luogo ricreativo, si dirà. E lo è senz’altro. Recentemente il giovane creativo Rob Tennent ha presentato la sua collezione di moda proprio sulla piattaforma di dating. Qui vi abbiamo raccontato la sua brillante iniziativa realizzata insieme alla stessa azienda Grindr.
Grindr, più natiche per tutti
Lo scorso ottobre sul blog di Grindr è apparso un post dalla chiara proposizione: more butts! Più sederi! Il post è scritto con il tono friendly e scanzonato che gli odierni esperti del marketing emozionale maneggiano con grande professionalità, nel sottinteso assunto che siamo tutti amici sui social network. I curatori della community di Grindr spiegano che sulle politiche di immagine, la multinazionale del dating online crede che tutti gli iscritti meritino un trattamento equo e paritario, indipendentemente dal sesso, tipo di corpo e altri attributi fisici. E che le politiche di moderazione debbano essere facili da comprendere ed applicare, e che non debbano lasciare spazio a libere interpretazioni o pregiudizi. In un passaggio, Grindr allude anche a uno sgravio di responsabilità rispetto al ventilato regime di censura. Scaricando la responsabilità sugli store di app (Apple Store e Android Store), i sagaci copywriter di Grindr scrivono: ci sono contesti nei quali le app store a cui siamo vincolati non considerano pornografico mostrare la pelle. Quindi?
Chat gay: le migliori app di incontri >
Quanto è sessuale una foto su Grindr?
Quanto sia sessuale una foto è qualcosa che nessuna regola a priori può stabilire. Ma i nuovi proclami di Grindr giurano più culetti per tutti. Ci tengono tuttavia a precisare che non sarà consentito pubblicare immagini pornografiche e rappresentazioni di atti sessuali. Nessuna nudità frontale. Sì al c*lo, no al c*zzo? L’underwear è nuovamente consentito. Da Grindr ci tengono a precisare che persone di tutti i corpi, di tutte le etnie, di tutte le taglie, di tutti i sessi e di tutte le identità sono invitati a esprimere con gioia la propria sessualità. Evviva. C’è infine un passaggio delizioso. Per trasparenza lo riportiamo in lingua originale. Sono consentite Non-pornographic sexual poses. Insomma, ok pose sessuali, ma non pornografiche. Quindi? Immaginiamo: va bene se mostri le tue natiche mentre sei sdraiato sul letto leggendo il giornale. Ma non puoi assumere posizione a pecorina. In quel caso devi indossare l’underwear. Qualcosa del genere?
Grindr non è OnlyFans
L’encomiabile sforzo di rendere Grindr più liberale si scontra con il regime censorio che le multinazionali dei Big Data, da Facebook a Google, da Apple a TikTok, stanno imprimendo al lifestyle globale. Per giungere a più alti profitti, i detentori di grandi masse di dati utenti devono restringere le libertà individuali nei confini di un’area che non metta a rischio gli stessi meccanismi del profitto. A meno che Grindr non decida di fare il grande passo nella sfera più autenticamente libertaria. Come ha fatto OnlyFans, che aveva annunciato l’intenzione di vietare contenuti espliciti, salvo poi ritirare tutto e restare fieramente esplicita (vi avevamo raccontato l’epilogo qui).
Grindr e il marketing inclusivo
Alice Hunsberger, responsabile del servizio clienti Grindr impegnata nel riposizionamento del marchio su un livello più inclusivo e rispettoso delle sfumature della comunità LGBTQ+, è molto attiva sui temi legati alle identità di genere e alla non conformità dei corpi. Da un lato il suo sforzo è quello di fermare il declassamento del brand a cui è sottoposta Grindr. Il calo della buona percezione del marchio Grindr – la cosiddetta brand awarness – è legato alla Gen-Z della comunità LGBTQ+, che preferisce rimorchiare su Tinder. Che offre l’illusione di un clima più aperto, indefinito, mescolato. Sfumature emozionali saldamente manipolate dalle interfacce e dalle scelte strategiche. In fondo, anche su Tinder gli utenti restringono il campo del match e dunque ricostituiscono un cortile definito, tale e quale a quello di Grindr. Eppure questo trucco rende Tinder più attrattivo per la Gen-Z LGBTQ+. Per questo, Grindr sta cercando un posizionamento più esplicito, pur mantenendosi al riparo da qualsiasi contatto con la “pornografia”. L’opportunità di aprirsi alle esigenze più libertarie possono ragionevolmente essere attribuite anche alla nuova proprietà americana di Grindr. Nel marzo 2020 infatti, la compagnia cinese Beijing Kunlun, che per quattro anni aveva detenuto il controllo di Grindr, per 608 milioni di dollari ha venduto il 98% delle quote societarie all’americana San Vicente Acquisition LLC. La vendita era giunta a valle di una montagna di polemiche inerenti alla preoccupazione che i dati di 13 milioni di persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ fossero nelle mani del regime cinese. Ai cinesi il c*lo non piaceva, ai cinesi non piacevano neanche le mutande. Gli Americani ci consentiranno di esibire le chiappe, le natiche, i glutei, il fondoschiena, il c*lo. Non il c*azzo però. E al proposito, precisiamo la seguente raccomandazione: non scrivete queste parole senza asterisco. Questo articolo potrebbe essere bannato da Google, da Facebook. Eccetera.
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