Se ti chiami Josephine Baker, davvero l’unico posto in cui dovresti riposare per l’eternità è il Pantheon. Finalmente lo ha capito anche il governo francese che, in una cerimonia ufficiale il 30 novembre, ha accolto all’interno del famoso edificio sulla Senna – che contiene i resti dei più grandi eroi di Francia – un cenotafio dell’artista. I suoi veri resti, per volere della famiglia, resteranno a Monaco. Diventa così la prima donna nera ad essere accolta nel Pantheon.
La decisione è arrivata dopo che negli anni diverse petizioni avevano chiesto questo riconoscimento, anche se solo l’ultima di Lauren Kupferman è stata ascoltata. Alcuni argomentano che è stata accettata solo perché la Kupferman è amica della First Lady francese Brigitte Macron, ma non è questo il momento delle polemiche.
Sì, perché era da tempo che qualcuno riconoscesse il ruolo che Josephine Baker ha avuto nel secolo scorso come attivista e alleata anti-nazista. Professione: ballerina. Arrivò a Parigi negli anni Venti dopo un cospicuo avvio di carriera a Broadway. Aveva già una bella reputazione – per quell’epoca e per quegli anni, si intende. Oltre a non essere bianca, era anche bisessuale. I suoi flirt con le colleghe erano noti all’opinione pubblica, poi arrivarono anche i grandi nomi e tra le sue amanti ci furono anche Colette e Frida Kahlo. Poi si spostò oltreoceano. La Francia cambiò la sua vita e lei cambiò un po’ la Francia.
Iniziò ad esibirsi e, nonostante anche lì vi fossero stereotipi nei confronti delle persone nere, il razzismo che incontrò era meno pressante di quello negli Stati Uniti. Seguirono due matrimoni, uno con Jean Lion e poi con Jo Bouillon, un musicista gay. Un matrimonio di convenienza che però risultò in una grande villa nel sud della Francia e l’adozione di dodici bambini che lei chiamava la “tribù arcobaleno”. Strinse anche una forte amicizia con il principe Ranieri e la principessa Grace di Monaco, e furono loro a volere che alla sua morte, avvenuta nel 1977, venisse sepolta proprio nel principato.
La sua vita si divise tra la danza e l’attivismo. Durante la Seconda Guerra Mondiale era un membro attivo della resistenza, incaricata del contrabbando di documenti e di assistere nello spionaggio. Nel 1963 tenne anche un discorso alla Martin Luther King’s Jr.’s March a Washington. Più tardi si scoprì che «era così rumorosa nelle sue denunce del razzismo americano in vari forum internazionali che l’FBI ha compilato un dossier sulle sue attività e la CIA l’ha tenuta d’occhio», come scrisse Lester Q. Strong sul The Gay and Lesbian Review.
«Incarna, prima di tutto, la libertà delle donne»
Queste le parole della scrittrice e attivista Lauren Kupferman, spiegando perché questo riconoscimento è necessario: «I tempi sono probabilmente più favorevoli a far risuonare le lotte di Josphine Baker: la lotta contro il razzismo, l’antisemitismo, la sua parte nella resistenza francese. Il Pantheon è dove si entra non perché sei famoso, ma per quello che hai portato alla mente civica della nazione».
La notizia arriva quando il problema del razzismo in Francia è una questione controversa. Lo Stato non riconosce la razza, ma secondo i critici non riconosce nemmeno che il razzismo è ancora presente. E con le elezioni presidenziali del prossimo anno che si avvicinano, tra i cui candidati c’è anche un rappresentate di estrema destra, Éric Zemmour (ne abbiamo parlato qui), è forse proprio questo il momento migliore per commemorare la memoria di Josephine Baker.