Da noi recensito in anteprima, Le Favolose di Roberta Torre uscirà al cinema il 5-6-7 settembre con Europictures, dopo aver aperto le Notti Veneziane delle Giornate degli Autori alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia. Sul red carpet del Lido sono sbarcate non solo la regista ma anche le 7 meravigliose protagoniste, ovvero Porpora Marcasciano, Nicole De Leo, Mizia Chiusini, Sofia Mehiel, Veet Sandeh, Antonia Iaia e Massimina Lizzeri, donne trans* chiamate a ripercorrere decenni di lotte all’interno del movimento attraverso i propri vissuti, raccontati dalla regista incrociando realtà e finzione.
“Ci siamo sempre sentite Dive ma mai avremmo pensato di ritrovarci a Venezia”, ha precisato nel corso del press junket Porpora, consigliera comunale a Bologna e presidente della commissione Pari opportunità. “Quella di Roberta è stata una ricerca, sua, nostra, un’autocoscienza compiuta tutte insieme, un conoscersi e fare un percorso comune che ci ha fatto ritrovare noi stesse”.
All’interno del docufilm Porpora ricorda gli anni ’70 vissuti in strada, attraverso l’onesta e mai rinnegata professione della prostituzione. “Eravamo audaci”, ha sottolineato la fondatrice del MIT. “Gli anni ’70 sono stati gli anni della rivoluzione sessuale, hanno inciso, influenzato e determinato le nostre vite. Quello di Roberta è stato un lavoro storico. L’esperienza con Torre non è andata avanti solo nel mese di settembre in cui abbiamo girato. Ci siamo incontrate una prima volta nel 2015. Poi c’è stato un ascoltarsi, un conoscersi, una costruzione che ha prodotto i passaggi della nostra vita, tra contraddizioni, gioie, bellezze e un delirio favoloso di cui ci siamo riappropriate, provando a trasmetterlo nel film”.
Un progetto con cui tutte le protagoniste si sono riprese la loro narrazione, “cosa fondamentale per una categoria di persone che vogliono emanciparsi. L’esperienza trans è un’esperienza umana significativa molto spesso bisfrattata. In questo film abbiamo avuto modo di raccontarci al mondo, di dire, di dirci, abbiamo ripreso la nostra parola. L’identità è ricerca”, ha continuato Porpora al cospetto della stampa. “Usciamo da secoli di rimozione storica. Non esisteva neanche il nome, trans. È una ricerca ancora in atto, in 50 anni abbiamo dovuto costruire mattone su mattone, la nostra identità, i nostri diritti, ma non c’è un punto di arrivo, ci sono tanti punti di partenza e la stiamo costruendo. È il nostro movimento di liberazione”.
Il momento storico che stiamo vivendo vede la transfobia sugli scudi, grazie anche ad una classe politica che alimenta il fuoco della discriminazione e dell’odio. “Noi siamo preoccupate da sempre perché i nostri diritti sono stati usati di volta in volta”, ha precisato Marcasciano. “Noi resistiamo, resisteremo, perché siamo noi stesse e vogliamo essere noi stesse, riconosciute nel mondo”. Proprio Porpora è stata recentemente aggredita dal branco, minacciata con un coltello. “Cambiare il mondo non è una cosa semplice, quello che è accaduto a me la scorsa settimana è significativo, in relazione all’ambiente culturale che viviamo”, ha detto Marcasciano. “Ma può succedere in qualsiasi momento, anche in quelli più inaspettati. Noi andiamo avanti, procediamo nonostante tutto”.
Negli anni Porpora ha contribuito alla costruzione di un archivio per un’intera comunità, raccogliendo materiale che si pensava perduto.
“Per me è stato importante fare raccolta di una documentazione storica, perché siamo state cancellata dalla storia. Recuperare le nostre battaglie era fondamentale, perché altrimenti avrebbe significato perdere la nostra storia. Ho fatto tutto questo attraverso i miei libri. Roberta ha avuto la sensibilità e l’accortezza di occuparsene. Le nuove generazioni hanno aiuti, riferimenti e servizi diversi, che permettono loro di affacciarsi e conoscere il mondo. Noi non l’avevamo. Ci siamo dovute inventare le parole, la narrazione. Non avevamo tempo e capacità di mettere insieme dei pezzi della nostra storia, che oggi stiamo facendo con questo docufilm. Nel cinema il più delle volte tutto viene calato dall’alto. In questo caso è avvenuto il contrario. Roberta ci ha osservate, si è confrontata, ha ascoltato, guardato, costruendo il film insieme a noi”.
All’interno de Le Favolose le protagoniste si ritrovano per ricordare e celebrare una loro amica defunta, umiliata dalla famiglia che al funerale l’ha volutamente vestire da uomo. La negazione dell’identità di una donna trans ricondotta in un’identità puramente burocratica, triste realtà ancora oggi diffusa.
“Prima era quasi la norma, da quando l’esperienza trans ha iniziato ad essere visibile“, ha ricordato Porpora. “Era una sorta di vendetta delle famiglie della cultura patriarcale che si riprendevano chi era andato oltre. Oggi avviene di meno, è frutto dei tempi, che fortunatamente riconoscono il cambiamento del nome e dell’identità in vita. Lentamente ma sta cambiando in meglio”.
Non solo documentario ma anche fiction, ne Le Favolose le protagoniste mostrano loro stesse e al tempo stesso recitano una parte di pura finzione, straordinariamente. Perché a lungo costrette ad interpretare un ruolo. Nella vita di tutti i giorni.
“Recitare una parte, per dovere, ha fatto parte delle nostre vite”, ha concluso Marcasciano. “Forse oggi non è più così, ma non riconoscere l’identità significa anche fingersi, nascondersi. Ho diversi ricordi della mia adolescenza, in cui si soffre di più. Io cercavo in tutti i modi di mascherare la mia femminilità. Allargavo le gambe per farle più storte, da uomo, perché mi dicevano che avevo le gambe femminili. Oggi ho 65 anni e ricordo il periodo pre-rivoluzione in cui la finzione era necessaria. La femminilità non è invece finzione, ma una parte di noi”.
Foto posate: Laila Pozzo
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