Tornato in radio con Mala Suerte, Marco Carta si è concesso un’intervista a cuore aperto con Vanity Fair, in cui ha parlato anche della propria vita privata. A tre anni dal coming out tv, avvenuto al cospetto di Barbara d’Urso nel corso di Domenica Live, l’ex vincitore del Festival di Sanremo sogna di poter sposare l’amato Sirio Campedelli, da anni al suo fianco.
Mi piacerebbe molto sposarmi, e di certo lo farò. Prima, però, vorrei si esaurisse l’emergenza sanitaria. Vorrei ricordarmi il giorno delle mie nozze per tutta la vita, festeggiare con gli amici e una serenità che sia vera e totalizzante.
Il coming out, a lungo rinviato nonostante il chiacchiericcio social, nel 2018. “La mia identità è sempre stata a fuoco. Nei primi anni, però, trovo fosse difficile per una popstar – etichetta che viene apposta ad ogni giovane che si affacci alla musica – essere se stessa. Ero idolatrato da tutte le ragazzine d’Italia, mi chiedevo cosa sarebbe successo se avessi condiviso quel che avrei tanto voluto condividere. Mi faceva soffrire l’idea di dovermi nascondere, di non poter camminare mano nella mano con il mio fidanzato, con il quale a ottobre festeggio i sette anni d’amore. Non mi è mai interessato presentarmi al Muccassassina urlando: “Sono gay”. Volevo solo vivere con normalità il mio rapporto”.
E ora, dopo le nozze, Carta guarda ad una famiglia. Ad un figlio, che sia tramite adozione o GPA.
Ne parlavo l’altro giorno con un amico. Trovo triste che in Italia una coppia omosessuale non possa avere un figlio. L’utero in affitto è una pratica molto lontana dallo spirito ecclesiastico che ha l’italiano, e lo capisco. Però, ci sono migliaia di bambini che crescono senza genitori, in orfanotrofi. Mi chiedo perché non dar loro due papà. Trovo uno spreco che delle creature così piccole siano lasciate marcire in posti senza amore. Io sono cresciuto senza un padre, e mia madre è morta che avevo dieci anni. Sono andato a vivere con i miei nonni, allora, e non mi è mai mancato l’amore. In istituto, ti danno da mangiare, ti danno da bere. Non ti danno amore. L’amore non si compra. Mi piacerebbe adottare e mi piacerebbe mettere al mondo un figlio con un utero in affitto, nome tremendo per questa pratica. Non la trovo disumana, se all’origine c’è l’atto consapevole e compassionevole di una donna, che decide di aiutare un amico, un familiare, un estraneo. Lo sfruttamento, quello e solo quello, è da condannare.
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