Ha scatenato un autentico putiferio il modulo per il vaccino contro il Covid-19 che etichettava come persone più a rischio “tossicodipendenti, prostitute e omosessuali”. Esploso prima in Liguria, e più precisamente alla Asl 5 di La Spezia, si è poi scoperto che il modulo era in realtà arrivato direttamente dal ministero della salute, facilmente riscontrabile all’interno dell’area Anagrafe nazionale dei vaccini sul sito ministeriale.
Dopo una giornata d’attesa, e un lungo e imbarazzato silenzio da parte del ministro Roberto Speranza, dal ministero hanno precisato come siano “i comportamenti a determinare il rischio, non certo l’orientamento sessuale delle persone. Il modulo interno della Asl 5 di La Spezia riporta erroneamente, come chiarito dalla stessa Asl, un vecchio documento usato per le donazioni di sangue. La riproposizione in documenti ministeriali di vecchie e superate formulazioni verrà immediatamente corretta“.
Non una riga di scuse, non un mea culpa, non una qualsivoglia spiegazione per l’imbarazzante errore. Persino Matteo Salvini, con quale coraggio, ha cavalcato la polemica perculando i responsabili, con un doveroso “No comment, roba da matti!”. Pesa anche la prima ineccepibile indignazione di alcuni esponenti Pd, basiti dinanzi al modulo ligure, regione governata dal centrodestra, seguita da un rumoroso silenzio nel momento in cui si è scoperto che l’errore, alla base, nasceva proprio al Ministero, guidato da un esponente del Partito Democratico.
Durissimo Claudio Mazzella, nuovo presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli.
Parlare di “comportamento omosessuale” non vuol dire nulla. Prima di tutto perché noi non siamo un “comportamento”, ma siamo relazioni, affetti e la nostra identità è molto più complessa e non descrivibile sempre e solo nella dimensione della sessualità. Secondo, si dovrebbe distinguere “un comportamento sessuale” che potrebbe portare al maggiore rischio nel contrarre un virus “dall’orientamento omosessuale/affettivo”: le due variabili non sono legate e questo modo di pensare ci riporta a 40/30 anni fa quando si parlava dell’AIDS come “la peste dei gay”. Abbiamo lottato in tutti questo decenni per uscire da questo pregiudizio e dallo stigma e ancora oggi ci troviamo a leggere certe notizie che leggevamo nei giornali degli anni ‘90. Ma l’ultimo punto, quello più fondamentale è: cosa ci dice questa notizia? Non solo che chi ha utilizzato questo modulo (sembrerebbe utilizzato per protocolli legati all’epatite) ha commesso un lavoro di sciatteria e non curanza, bensì che questo atteggiamento nasconde un pregiudizio nei confronti della comunità LGBT+. Ci racconta una volta di più di una società sessuofobica e intrisa di eternormatività e patriarcato. Le scuse potranno servire per rimediare ad un errore, ma non eliminano la cultura repressiva e giudicante nella quale viviamo e che spesso ci guarda come se l’appartenere a una minoranza volesse dire che i nostri pensieri, atteggiamenti, fantasie – e in questo caso specifico comportamenti – portino inevitabilmente, nel pensiero di una società eteronormativa ed eteronormata, a ritenere che la comunità LGBT+ sia maggiormente esposta nel contrarre maggiori “malattie”. Qui il problema non è cambiare il modulo. Qui il problema è cambiare immediatamente questo modello culturale e creare il prima possibile dei corsi di formazione sull’orientamento sessuale, affettivo e sull’identità di genere non solo nelle scuole, ma anche negli enti pubblici.
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1) Nessun parlamentare, di sinistra, del m5s o di destra, vuole chiamare Speranza a riferire in parlamento? Sinistra e m5s nicchiano? La destra sedicente liberale si limita ad un cinguettio? Le associazioni si indignano, partecipano al fuoco mediatico e finisce tutto così? Lo so che si sta facendo un nuovo governo e che non si farebbe in tempo, prima che Speranza risponda in parlamento, ci sarà già un nuovo governo. Ma non credo che anche senza un nuovo governo, si sarebbe chiamato Speranza in Aula. 2) Il responsabile del circolo Mieli parla, giustamente, di cultura omofobica etc, ma lo vogliamo affermare il principio di responsabilità individuale o vogliamo "skippare" come un canguro su questa vicenda, parlando, cosa cmq giusta, di corsi di educazione etc etc, visto che il "compagno" Speranza è dei "nostri"? Tirare in ballo la cultura, i corsi etc, per carità tutto giusto, mi sembra tuttavia un modo per mettere sotto il tappeto la responsabilità del ministro-amico e del suo staff. 3) La cultura è, in parole povere, la sommatoria di quello che le persone hanno nelle loro teste e dalle teste passa ai comportamenti individuali, che insieme rivelano la cultura di una società. Ebbene c'è un comportamento, la revisione e l'approvazione di questo modulo. Lo vogliamo sapere chi è stato o no? Il cambio culturale passa dall'affermazione del principio della responsabilità individuale, proprio perchè è la somma degli individui che fa la società e la sua cultura. Troviamolo questo individuo e chiamiamolo a rispondere di questo "errore", niente di truculento, ma certo la dobbiamo smettere, in questo paese, di fare sempre una gara tra bande partitiche invece che misurarci con la verità e con la responsabilità individuale. 4) Personalmente non ho alcun dubbio che Speranza non sia omofobico, tuttavia mi pare giusto che lui o il suo successore riferisca in parlamento e che chi ha commesso questo "errore" ne risponda. 5) Alla fine, se ci pensiamo bene, non è niente di eccezionale, è un caso normalissimo in cui un dirigente ha fatto una cosa che non doveva fare, il ministro competente ne riferisce in aula ed il paese va avanti, avendo corretto un errore e chiamato chi di dovere a risponderne. Non c'è bisogno di stracciarsi le vesti, ma in un paese anormale in cui tutto è scontro politico, tutto è ideologia, tutto è una tragedia, ogni errore è uno stigma mediatico perenne, abbiamo quasi solo fuochi mediatici, nel frattempo quasi nulla di sostanziale cambia, da cui il lento, pluridecennale declino morale, intellettuale e politico della società italiana. In realtà questa vicenda e il modo in cui l'abbiamo trattata ci raccontano molto di cosa siamo veramente. Non è un bel vedere. Ma il domani non è per forza la copia dell'oggi.