Jon Gruden si è dimesso dalla carica di allenatore dei Las Vegas Raiders, a seguito delle accuse di razzismo, misoginia e omofobia svelate dall’inchiesta del Wall Street Journal.
Negli Stati Uniti, vigili e punitivi, si consuma l’ennesimo caso di omofobia e razzismo con relativa defenestrazione. La Nazione che ha fatto del politically correct e dell’ipocrisia la propria bandiera – altro che stelle e strisce – è stata colpita nell’orgoglio, in una delle colonne portanti del suo essere.
Tutto parte circa 72 ore fa, quando il Wall Street Journal ha pubblicato un’inchiesta sull’allenatore dei Las Vegas Raiders, Jon Gruden. Oggi bisognerebbe dire ex allenatore. Le dimissioni sono arrivate precise e puntuali, l’America potrà procedere fiera con l’ennesima testa tagliata e correlato dibattito rimandato a data da destinarsi. Ecco la prassi statunitense, recidere il corpo malato, la punta infetta, affinché il sistema sopravviva.
“Ha le labbra delle dimensioni di pneumatici Michelin“, è solo uno dei tanti insulti, questo risalente al 2011, finiti al centro dello scandalo – dove ad essere scandalosa dovrebbe essere anche la scarsa fantasia dell’autore. Il quotidiano ha analizzato una serie di e-mail in cui il coach offende DeMaurice Smith, direttore della NFL Player Association, il sindacato dei giocatori più potente d’America.
La macchina è partita. Nel tempo intercorso tra l’articolo del WSJ e le dimissioni dell’allenatore sono spuntate altre e-mail (in totale 650mila, interne alle National Football League) e diverse dichiarazioni passate. Il razzismo, a quanto pare, è solo la punta dell’iceberg. Jon Gruden negli anni ha seminato odio anche verso le donne e la comunità LGBTQ+: nelle sue missive sono numerosi gli attacchi agli arbitri donna in campo e i timori per la presenza, all’interno delle sue squadre, di giocatori omosessuali.
Anche il New York Times, nelle scorse settimane, stava indagando sulla cattiva condotta in ambito lavorativo da parte dell’élite sportiva americana. A detta del quotidiano è stata un’inchiesta separata e con scopi differenti rispetto a quella del WSJ, ma in entrambi i casi si è arrivati alla figura di Gruden. A polverone sollevato, la NFL ha condannato l’e-mail definendola “spaventosa, odiosa e totalmente contraria ai valori della NFL”. Mentre, lo stesso Gruden ha dichiarato di essersi “vergognato“, rigettando però le accuse di razzismo, misoginia e omofobia.
Negli Stati Uniti sono frequenti le defenestrazioni plateali e repentine. Già lo scorso marzo Alexi McCammond, la direttrice di Teen Vogue, nota rivista di moda, era stata licenziata per dei tweet razzisti e omofobi risalenti al 2011. La casa editrice, Condé Nast, in giornata ha riparato il danno liberandosi del “fardello”. Capitolo chiuso, tempesta chetata, avanti tutta con razzismo sistemico e misoginia. La regina di cuori, in Alice del paese delle Meraviglie, sarebbe orgogliosa del modus operandi americano. TAGLIATEGLI LA TESTA!
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