Le cose, per la Polonia, vanno molto male. Violenze, depressioni, suicidi. La fotografia della comunità Lgbt polacca nel mirino del suo governo è sconfortante. Lo riportano i ricercatori del Centro di ricerche sui pregiudizi dell’Università di Varsavia.
Le persone Lgbt da anni ormai sono il bersaglio preferito dal governo guidato dal partito della destra populista, Diritto e giustizia (Pis).
Dalle zone libere da Lgbt+ (guarda inchiesta della Rai) alle dichiarazioni del Governo, che hanno avuto come obiettivo unico quello di disumanizzare una minoranza: “sono una minaccia per le famiglie ma anche per bambini“, “sessualizzano i bambini“, “minacciano l’identità naturale di ragazzi e ragazze“. Tutto questo, in sinergia con la Chiesa cattolica polacca, che negli ultimi ha fortificato un linguaggio feroce, alimentando odio e paura. La Congregazione episcopale polacca ha invocato la creazione di “cliniche per aiutare i gay a ritrovare il proprio naturale orientamento sessuale” mentre l’arcivescovo Marek Jędraszewski, importante figura della Chiesa polacca, ha definito “l’ideologia LGBT” una “piaga arcobaleno” paragonabile alla “piaga rossa” del comunismo. Ma con quali effetti?
Vite nascoste
L’ultimo studio sulle condizioni di vita della società arcobaleno polacca risalgono al 2017. Durante questi quattro anni il clima è cambiato, in peggio. Oggi le persone LGBT+ vivono nella paura: il 37% di loro nasconde il proprio orientamento sessuale o identità di genere a tutta la famiglia (quattro anni fa era il 33%). Diminuiscono le persone trans* che fanno coming-out il 46% (in precedenza il 56%). E cala anche l’accettazione del coming-out in famiglia, solo il 61% delle madri ed il 54% dei padri accolgono i propri figli.
Vite occultate, lontane dallo sguardo delle famiglie, ma anche dei vicini, dei colleghi di lavoro e dai medici. Quasi la metà delle persone trans* raccontano di essere state maltrattate in una clinica o in un ospedale e invitate ad accettare il genere assegnato loro alla nascita. In contemporanea sono in aumento i percorsi di terapia di conversione per gay e lesbiche.
“Morirai tra tre giorni”
“Sono stato sputato da un vicino di casa davanti a un negozio di quartiere, intorno a me la gente urlava insulti e minacce“. “Ho trovato un pezzo di carta sotto la porta dell’ufficio: morirai tra tre giorni“. “Sono stato preso a calci da un ragazzo”. Le storie raccolte nel report dell’Università di Varsavia descrivono un paese dove più della metà delle persone Lgbt è vittima di odio omotransfobico. E mentre aumentano le aggressioni verbali, le umiliazioni, aumentano anche le violenze sessuali (nel 2017 il 14%, 2021 – 22%, considerando il blocco pandemico che ha congelato le violenze per qualche mese).
“Genitori e amici stanno diventando più radicali, ripetono sciocchezze sull’ideologia LGBT, per loro siamo una minaccia e ci considerano pedofili“, spiega Mirosława Makuchowska, vicepresidente Kampania Przeciw Homofobii (Campagna contro l’omofobia; KPH) “Inevitabilmente tutto questo porta a forti discussioni e i giovani molto spesso devono lasciare le loro case“. Quasi il 10% degli intervistati è stato buttato fuori casa, mentre il 20% è scappato.
“Non mi fido della polizia”
Il 97% di questi crimini non viene denunciato. Questo perché il 51% degli intervistati non ha fiducia nella polizia mentre il 35% teme di non essere presa sul serio.
Lo studio sottolinea anche un legame forte tra omotransfobia e sintomi di depressione. La percentuale di persone con sintomi gravi di depressione è aumentata del 16% e a una persona su due ha avuto una diagnosi da depressione. Va peggio per chi vive nelle “LGBT-Free Zone” dove il 55% ha dichiarato di aver pensato al suicidio (rispetto al 45% nel 2017). In attesa di un colpo di reni da parte della comunità europea, quella arcobaleno polacca sogna la fuga: una persona su dieci ha pianificato di lasciare il paese in modo permanente.
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