Nell’agosto del 2019 l’arcivescovo di Cracovia Marek Jędraszewski aveva parlato di ‘piaga arcobaleno’, nell’attaccare la comunità LGBT, a suo dire “minaccia per i valori e per la solidità sociale e familiare della nostra nazione“. Ebbene un giudice nominato dal regime autocratico polacco non ha riscontrato alcunché in simili parole, perché a suo dire l’arcivescovo avrebbe agito nell’interesse sociale. All’interno della “difesa della fede“, udite udite, è lecito parlare di “piaga arcobaleno“.
Secondo quanto riportato da “Rzeczpospolita“, il tribunale ha fatto riferimento alle disposizioni del concordato firmato dalla Polonia nel 1993, che consentiva al clero di usare anche “espressioni dure“. Ma quel concordato consente anche di offendere le minoranze? A chiederselo un giudice di Cracovia che ha chiesto l’anonimato, aggiungendo: “Sono preoccupato per la sentenza e per quella giustificazione, che sembra uscita dalla propaganda politica vista nel corso della campagna del presidente Duda. È molto brutto quando un tribunale ripete acriticamente le parole dei politici, perché mina la sua imparzialità”.
L’avvocato dell’arcivescovo ha affermato che con questa sentenza “il tribunale ha sottolineato l’autonomia della Chiesa in Polonia. Rafforza anche la libertà di parola”. Di insulto, di diffamazione, di discriminazione, più che altro.
L’avvocatessa Karolina Gierdal, che collabora con l’organizzazione non governativa Campaign Against Homophobia, si è detta sconvolta: “Ho letto con incredulità la sentenza. Ero sicura che la rivendicazione fosse stata respinta perché la giurisprudenza polacca nei casi per i diritti personali riconosce che la loro violazione può non avvenire nei confronti di un individuo quando la dichiarazione riguarda un ampio gruppo sociale di cui l’individuo fa parte. Le parole dell’arcivescovo non solo non sono state condannate, ma hanno anche ricevuto l’approvazione del tribunale“.
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