Meglio prevenire che curare, si dice sempre. E quando si tratta della Corte Suprema americana diventa un imperativo. Dopo la mossa che ha concesso ai Repubblicani di rovesciare Roe vs. Wade, di fatto cancellando il diritto all’aborto, il clima politico ha reso liberali e democratici agitati per la possibilità che lo stesso destino tocchi ad altre sentenze che regolano i tanti diritti conquistati.
Per questo arriva con sollievo la notizia che mercoledì 16 novembre il Senato ha approvato una legge federale che protegge ufficialmente il matrimonio egualitario. Raggiunto il quorum di 60 voti su 100, la legge farà sì che una Corte Suprema ancora più conservatrice non possa toccare la sentenza del 2015 con cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso è stato reso legale in tutti i 50 Stati americani.
Si tratta di una notevole protezione contro quella che era già stata definita una vera e propria minaccia da Clarence Thomas, il giudice che ha firmato il rovesciamento della sentenza di Roe vs. Wade. Nel mezzo del caos mediatico e politico che la decisione aveva scatenato, Thomas aveva dichiarato che la prossima sentenza a finire nel mirino della Corte Suprema sarebbe stata proprio quella del matrimonio egualitario.
Il voto del Senato arriva dopo che anche il Presidente Biden aveva fatto appello affinché venissero adottate misure di protezione delle altre leggi affinché la vicenda di Roe vs. Wade non segnasse un precedente per i Repubblicani. Subito dopo il voto, infatti, è arrivato il commento di Biden che ha dichiarato: «[Il voto] ha inviato un forte messaggio che repubblicani e democratici possono lavorare insieme per garantire il diritto fondamentale degli americani di sposare la persona che amano».
Durante la conferenza stampa di martedì, prima delle votazioni del giorno successivo, Tammy Baldwin si era espressa nei confronti degli americani che si sentivano preoccupati per la possibilità che «il loro diritto di sposare chi amano verrà tolto». Baldwin è il primo membro del Senato apertamente gay. È anche la promotrice di questa nuova legge federale, arrivata dopo mesi di negoziazioni con Thomas Tillis, senatore Repubblicano che l’ha definita «un buon compromesso, basato sul rispetto reciproco per i nostri concittadini americani».
Il risultato però, come spesso accade, è raggiunto solo in parte. La legge impone al governo federale e a tutti gli Stati di riconoscere qualsiasi matrimonio se legale nello Stato in cui è stato celebrato. Tuttavia, se la Corte Suprema dovesse decidere di consentire ai singoli Stati di vietare i matrimoni tra persone dello stesso sesso o tra diverse etnie, nulla si potrebbe fare.
La sentenza Obergefell vs. Hodges del 2015, infatti, abrogava il Defence of Marriage Act del 1996. La nuova legge federale non codifica la decisione della Corte Suprema di sette anni fa e non può nemmeno costringere uno Stato a rilasciare una licenza di matrimonio contraria alle proprie leggi statali. Il pericolo è che, come per Roe vs. Wade, la Corte Suprema possa aggirare l’ostacolo rimandando ancora la legislazione sul matrimonio egualitario ai singoli Stati.
Un risultato raggiunto a metà, ma sicuramente un segnale che il Partito Democratico vuole inviare per dimostrare di essere ancora in prima linea nella difesa della comunità LGBTQ+ e delle minoranze negli Stati Uniti. Rimane da vedere quale sarà la prossima mossa dei conservatori.
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