536 minuti in 7 episodi. Praticamente 7 film per una 4a e ultima stagione che il 1 luglio andrà incontro al finalone con due puntate che si preannunciano come gigantesche (rispettivamente 85 e addirittura 150 minuti di durata). Netflix ha fatto le cose in grande per alimentare il fenomeno Stranger Things, esploso dal niente nel 2016 e in 5 anni in grado di strappare 175 candidature a premi tra cui Emmy, Golden Globe, Grammy, SAG, DGA, PGA, WGA, BAFTA, People’s Choice Awards, MTV Movie & TV Awards e Teen Choice Awards.
Sono passati sei mesi da quando la battaglia di Starcourt ha portato terrore e distruzione a Hawkins. All’indomani dell’evento i nostri eroi si separano per la prima volta e ne affrontano le conseguenze, rese ancora più complicate dalla vita al liceo. In questo periodo di vulnerabilità una nuova e terrificante minaccia soprannaturale si presenta con un mistero cruento, la cui risoluzione potrebbe finalmente porre fine agli orrori del Sottosopra.
Questa la sinossi ufficiale di una stagione monster che si fa horror come mai prima d’ora, omaggiando esplicitamente classici del genere come Nightmare, IT, Venerdì 13, Hellraiser e Amityville Horror. I giovanissimi protagonisti del 2016 sono inevitabilmente cresciuti, tutti, diventando adolescenti sempre più in rampa da lancio ad Hollywood, con i Duffer Brothers che hanno potuto attingere da un budget spaventoso. 30 milioni di dollari ad episodio.
I creatori di Stranger Things hanno ampiamente approfittato della libertà concessa loro per questa 4a e penultima stagione divisa in due volumi, ampliando mostruosamente la narrazione, con durate fuori dal comune che in non pochi frangenti ne appesantiscono la fruizione. Soprattutto la prima puntata da 76 minuti fatica enormemente a carburare, dovendo zigzagare tra storici personaggi e new entry, con Unidici non più necessariamente colonna centrale di una saga che guarda ora anche ai volti secondari, chiudendo con una coralità mai tanto (forzatamente?) esplicitata.
L’impressione è che dinanzi a così tanti soldi e non avendo limiti produttivi, i Duffer Brothers si siano fatti un po’ troppo prendere la mano, annacquando una stagione che a tratti grida al sequestro di persona, perché enormemente, esageratamente, faticosamente lunga.
Puntate dalle durate infinita che si sentono, tutte, per quanto per i fan della prima ora potrebbe trattarsi di una probabile orgia televisiva, tra citazioni anni ’80, ingranaggi da oliare, quadri da completare, verità da svelare e colpi di scena, con la goffa e buffa Robin, interpretata da Maya Hawke, ancora una volta unico personaggio LGBTQ certificato. L’amicizia nei confronti di Steve (Joe Keery), che si era preso una cotta per lei, prosegue, mentre Robin si sbottona nei confronti di altre ragazze, da vedere ma non toccare in una serie che prova ad andare oltre la sua queerness.
20 anni, Sadie Sink ruba la scena a tutti con la sua Maxine “Mad Max” Mayfield, mentre i sogni ad occhi aperti dei giovani protagonisti si fanno sanguinolenti incubi alla Freddy Krueger (“occhio” al cameo del mitologico Robert Englund), in cui spaventosamente morire tanto nell’altro mondo quanto nella realtà. Perché in Stranger Things 4 si muore, e parecchio, tra atroci sofferenze, con la polizia che brancola nel buio dinanzi ad un assassino che fa letteralmente a pezzi gli adolescenti di Hawkins. Ragazzi inquieti, liceali con problematiche fino ad oggi mai realmente centrate all’interno della serie, che vira verso Stephen King grazie ai suoi ragazzini alla disperata ricerca di un diabolico mostro che da un’altra dimensione uccide per acquisire sempre più potere.
Stranger Things 4 è decisamente ambizioso, e non solo da un punto di vista produttivo ma anche narrativo, con 7 episodi che vedono Netflix salire chiaramente di livello rispetto alla media produttiva del colosso streaming, qui sempre più orientata ad una messa in scena sci-fi che nulla ha da invidiare a quella più tipicamente cinematografica.
Restano le perplessità nei confronti di una narrazione spalmata su più piani, con l’azione che si sposta da città a nazione coinvolgendo ‘gruppi’ di protagonisti con sottotrame non sempre particolarmente riuscite e avvincenti, così come appare spesso forzato il lato comedy chiamato ad alleggerire tensione e paure, mentre la nostalgia anni ’80 torna a farla da padrona assoluta, in riferimento soprattutto ad indimenticate maschere dell’orrore che hanno segnato un’epoca e più generazioni. 7 episodi creativamente parlando fascinosi ma dalla discutibile ed evitabile lunghezza incaricati di tirare la volata alle ultime 4 ore di Stranger Things 4, dal 1 luglio in streaming.
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