“Guarire l’omosessualità”: le atroci terapie riparative, solo alcuni Paesi le vietano

In Italia tutto tace. Ecco i paesi che stanno prendendo provvedimenti contro queste torture.

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"Guarire l'omosessualità": le atroci terapie riparative, solo alcuni Paesi le vietano - Boy Erased 5 - Gay.it
boy_erased_r3_20180606_11_R15 Nicole Kidman stars as Nancy and Lucas Hedges as Jared in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release. Credit: Focus Features
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Un secolo fa Sigmund Freud esprimeva seri dubbi sulla possibilità, per la psicoanalisi, di modificare l’orientamento sessuale. Un secolo dopo, le cosiddette ‘terapie riparative‘ sono ancora legali in gran parte del mondo, Italia inclusa, con conseguenti e talvolta irreparabili danni per i pazienti sottoposti a simili torture.

La cosiddetta terapia di conversione punta a cambiare l’orientamento sessuale di una persona dall’omosessualità originaria all’eterosessualità. Nel corso dei decenni si è passati dalla lomotobia agli esorcismi, ma non esistono studi definitivi che abbiano comprovato l’effettiva uscita dall’omosessualità da parte di omosessuali che affermano di essere “tornati” eterosessuali. Ad una madre che gli domandava come trattare suo figlio, Freud rispose:

“Chiedendomi se posso aiutare vostro figlio, voi intendete, suppongo, se posso eliminare l’omosessualità e far prendere il suo posto alla normale eterosessualità. La risposta è, in generale, che non possiamo promettere di riuscirci. In un certo numero di casi noi riusciamo a far attecchire i germi appassiti della tendenza eterosessuale che sono presenti in ogni omosessuale, nella maggioranza dei casi non è più possibile. È una questione della qualità e dell’età dell’individuo. Il risultato del trattamento non si può predire”.

Era il 1920 e Freud sottolineava come “l’omosessualità di sicuro non è vantaggiosa ma non c’è niente di cui vergognarsi, nessun vizio, nessuna depravazione, non può essere classificata come una malattia”.

102 anni dopo c’è ancora chi la considera come tale, tanto da volerla ‘curare’. L’American Psychological Association e l’American Psychiatric Association hanno pubblicamente condannato le terapie di conversione. In Italia il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) si è più volte espresso sulla dannosità delle terapie riparative e contro la concezione dell’omosessualità come malattia.

Eppure il Bel Paese non dispone di leggi che vietino tali pratiche, nonostante in passato sia stata presentata una proposta a prima firma Sergio Lo Giudice depositata nel corso della XVII Legislatura ma mai discussa. “Chi parla di omosessualità come condizione “modificabile” per mezzo di un intervento “terapeutico” non ha alcun riconoscimento nella comunità accademica, clinica e scientifica. Volendo fare una battuta, sono un po’ i “terrapiattisti” della psicologia. Tutti gli interventi mirati a “convertire” l’omosessualità in eterosessualità sono non solo inefficaci, ma anche dannosi”, ha rimarcato nel 2019 Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario di psicologia dinamica presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma, con anni di studi sui temi dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale e dell’omogenitorialità.

Colui che per decenni ha praticato e difeso le teorie riparative è stato Joseph Nicolosi, deceduto nel 2017, co-fondatore della National Association for Research and Therapy of Homosexuality (NARTH, “Associazione nazionale per la ricerca e terapia dell’omosessualità”). A suo dire l’origine dell’omosessualità era da attribuire ad un padre distante e ad una madre opprimente, con le persone omosessuali in realtà eterosessuali nei quali lo sviluppo naturale della sessualità sarebbe stato deviato/impedito da particolari dinamiche psicologico-parentali durante il periodo sviluppo (infanzia e adolescenza).  Il Royal College of Psychiatrists ha più volte aspramente attaccato la NARTH, sottolineando come le sue posizioni ‘riparative’ non fossero in alcun modo “supportate dalla scienza. Non vi è alcuna prova scientifica che l’orientamento sessuale possa essere cambiato“.

Nel 2015 le Nazioni Unite si sono pronunciate contro le terapie di conversione, mentre l’ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Malattie) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che “l’orientamento sessuale in sé non deve essere considerato come una malattia”. Impossibile, quindi, ‘guarire’, tornando a chissà quale fantomatica “condizione precedente”.

Nel mondo pochi Paesi hanno ufficialmente bandito le teorie riparative, per legge. In Europa è stata Malta la prima nazione a vietarle ufficialmente, nel 2016, con l’approvazione all’unanimità dell’Affermation of Sexual Orientation, Gender Identity and Gender Expression Act, diventando il primo paese dell’Unione Europea a vietare la terapia di conversione. In Spagna solo 4 comunità autonome (Andalusia, Madrid, Valencia e Murcia) le hanno rese illegali, mentre in Svizzera esistono delle sanzioni (anche penali) per i professionisti che promuovono o intraprendono percorsi terapeutici di questo tipo.

In Albania non è intervenuto il Governo bensì solo l’Ordine degli psicologi, a vietarle nel 2020, mentre sempre nel 2020 la Germania le ha bandite del tutto per i minori di 18 anni. Chi trasgredisce va in galera per un anno. Jens Spahn, ministro federale della sanità nel quarto governo Merkel, sottolineò: “L’omosessualità non è una malattia. Pertanto il termine terapia è fuorviante. Voglio un divieto che sia solido, anche se trascinato in tribunale. I giovanissimi sono costretti alle terapie di conversione, ed è quindi molto importante che trovino supporto nell’esistenza di questa legge: un chiaro segnale che lo Stato non vuole che ciò accada“. Anche le terapie di conversione per i maggiorenni sono vietate in Germania, se una persona è soggetta involontariamente ad esse attraverso coercizione, minacce o inganno. È stata inoltre vietata qualsiasi tipo di pubblicità nei confronti di tale pratica.

Nel 2021 è stata la Francia ad intervenire con una legge ad hoc, con multe fino a 30.000 euro e due anni di prigione per i trasgressori che provano a “guarire” le persone LGBTQ+. La ministra francese per le pari opportunità, Elisabeth Moreno, si era detta “molto felice di questo accordo”, sottolineando come “essere se stessi” non sia “un crimine”. “L’omosessualità e la transidentità non sono malattie che possono essere curate. Non c’è nulla da curare”. A inizio 2022 il ministro della salute d’Israele ha vietato ai medici di praticare le terapie di conversione.

Nel resto del mondo divieti ufficiali sono arrivati dall’Argentina (2010), dall’Ecuador (nel 2014), dall’Uruguay (2017), Taiwan (2018). In Brasile il Consiglio federale di psicologia le aveva bandite, nel 1999, ma nel 2017 un giudice federale ha nuovamente autorizzato di fatto gli psicologi a trattare l’omosessualità come una malattia. In Australia e Stati Uniti solo alcune amministrazioni locali le vietano.

Nel frattempo Finlandia, Regno Unito, Messico, Spagna e Canada a livello nazionale, Galles e Nuova Zelanda stanno cercando di introdurre una legge che le renda illegali. Nel Regno Unito è esploso il ‘caso’ Boris Johnson, che ha deciso di volerle vietare ad esclusione delle persone trans. Questo vuol dire che fantomatici ‘curatori’ potranno continuare a distruggere vite, intervenendo su giovani ragazzi e ragazze transgender con l’obiettivo di farl* tornare ‘normali’.

Boris Johnson ha insistito sul fatto che vietare la terapia di conversione alle persone trans sarebbe “complesso”, suggerendo erroneamente che un divieto simile potrebbe impedire discussioni di qualsiasi tipo sull’identità di genere.  La British Association for Counseling and Psychotherapy si è detta “scioccata e delusa” dalla decisione presa dal primo ministro. “Un divieto che riguardi solo la terapia di conversione per la sessualità e non l’identità di genere è inadeguato“, ha precisato l’organismo. Il dottor Adrian James, presidente del Royal College of Psychiatrists, si è detto d’accordo. “La terapia di conversione provoca gravi sofferenze fisiche e psicologiche, viola i diritti umani di tutte le persone LGBTQ+ ed è una forma di tortura“.

La British Psychological Society, l’Anna Freud National Center for Children and Families e l’ente di beneficenza per la salute mentale Mind hanno rilasciato dichiarazioni simili, chiedendosi perché il governo abbia apparentemente ignorato anni e anni di ricerche, che certificano come soprattutto le persone trans britanniche abbiano dovuto subire le atroci terapie di conversione. Dinanzi alla decisione presa da Johnson, oltre 120 organizzazioni LGBT+ si sono ritirate dalla conferenza LGBT+ Safe To Be Me, istituita proprio dal governo e cancellata in fretta e furia. Una raccolta firme che contempli anche le persone trans nel divieto alle terapie riparative ha superato la soglia delle 250.000 sottoscrizi0ni.

In Italia il dibattito sulle terapie di ‘conversione’ si è fermato al 2020, quando Possibile LGBTI+, la campagna permanente di Possibile sui temi della comunità, ha spedito una lettera ai ministri Speranza, Bonetti e Lamorgese, chiedendo l’approvazione di un divieto totale. Da parte dei ministri Speranza, Bonetti e Lamorgese non sono arrivate risposte.

Negli ultimi anni anche il cinema si è occupato delle cosiddette ‘teorie riparative’, mostrandone le pericolosità. Boy Erased di Joel Edgerton racconta la storia vera di Garrard Conley, tratta dal suo libro di memorie Boy Erased: A Memoir, mentre La diseducazione di Cameron Post di Desiree Akhavan ha adattato l’omonimo romanzo di Emily Danforth. Su Netflix si può vedere Pray Away, sconvolgente documentario che racconta la storia degli “ex gay” della Exodus, oggi pentiti per quanto dolore provocato negli anni. Tra il 2022 e il 2023 dovrebbe infine uscire Whistler Camp, vero e proprio ‘horror’ sulle terapie di conversione.

Un orrore che da oltre un secolo supera quotidianamente la fantasia, grazie a governi ciechi e sordi che inspiegabilmente continuano a non voler intervenire, mettendo finalmente al bando simili atrocità.

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