Androginia: 10 donne degli anni ’90 che hanno sfidato il binarismo di genere

Aiutarono un’intera generazione LGBTQ+ a prendere coscienza della propria unicità e dunque della propria bellezza. E, dunque, della propria indiscutibile identità.

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Ciò che c’è di più bello negli uomini virili è qualcosa di femminile; ciò che c’è di più bello nelle donne femminili è qualcosa di maschile” Susan Sontag (1965)

Prima che la rappresentazione non stereotipata della comunità LGBTQ+ nei media avesse una visibilità come quella attuale, c’erano dive e divi che, grazie alle proprie caratteristiche fisiche ed attitudini comportamentali sia femminili sia maschili, riuscivano a trascendere gli stereotipi sessuali e a mettere in discussione il binarismo di genere.

Per persone androgine, secondo una definizione di Gamble and Gamble (2003. The gender communication connection), si intendono coloro che “rifiutano rigide categorizzazioni di ruoli sessuali, preferendo invece incarnare caratteristiche, qualità sia maschili sia femminili”.

Negli anni ’90, periodo nel quale per le persone questioning e queer era difficile trovare modelli di riferimento che fossero fonte di ispirazione mediante un coming out, all’epoca non così diffuso come oggi, ci fu una schiera di donne androgine che aiutò un’intera generazione di LGBTQ+ a prendere coscienza della propria unicità e dunque della propria bellezza. E, dunque, della propria indiscutibile identità. Donne che hanno fissato un codice fluido, in eterno movimento, di quella che possiamo definire “bellezza non binaria”. Nell’arte, nel cinema, nella moda, nella tv. E più in generale in quell’universo di territori espressivi che man mano le tecnologie più recenti hanno poi fatto evolvere verso il concetto di “piattaforme”. Come se la bellezza non binaria fosse sempre esistita nell’umano, come in tutta la natura. E non aspettasse che la possibilità di fluire nelle praterie della diffusione culturale e di costume. Evviva.

Seppur siano stati molti gli uomini famosi dall’aspetto androgino, come David Bowie e Prince, vogliamo dedicare questo articolo alle dive dalla bellezza androgina che scardinavano determinate convinzioni e, al contempo, si facevano portavoce di un movimento di donne che richiedeva a gran voce il potere conferito al sesso opposto.

Ecco qui di seguito chi sono.

Winona Ryder

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Winona Ryder è stata una delle più affascinanti icone androgine degli anni ’90 ed è tuttora molto ammirata per il suo stile unico, inconfondibile.

Conosciuta per film come “Ragazze interrotte” (1999) e “Giovani, carini e disoccupati” (1994), negli anni Novanta Winona è stata un grande riferimento per il suo sex appeal grunge e gotico, ma soprattutto gender-fluid e molto tomboy.

Quello che si amava di Winona Ryder era anche quella scompostezza bellissima. Una scompostezza fatta di incomprensione, frustrazione e ribellione, che ella incarnava nella sua recitazione, come nella sua nevrotica vita privata.


Kate Moss

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Arrivò Kate Moss, e nulla fu più come prima. La femminilità glamourosa delle top model apparve improvvisamente superata davanti alla fragilità ambigua di Kate. Come ha raccontato l’esperta di moda e autrice di “Kate Moss Style” Angela Buttolph nel documentario dedicato all’icona britannica, “dall’alto del suo metro e 72 Kate Moss si è alzata a livello delle più grandi top model, facendosi largo tra le Naomi Campbell e le Claudia Schiffer e spodestando di fatto le mannequin più glamour degli anni Ottanta”.

 


Stella Tennant

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Altra leggenda della moda degli anni ’90 è stata la compianta Stella Tennant, musa di Karl Lagerfeld e volto di Chanel, Calvin Klein, Jean Paul Gautier e Burberry.

Molto amata per il suo fisico androgino ed il volto dai lineamenti marcati, Stella Tennant divenne famosa quando decise di stravolgere il suo look da nobildonna e brava ragazza con una svolta punk-rock.


Chloë Sevigny

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Attrice, modella e stilista statunitense, candidata al Golden Globe e all’Oscar per il ruolo di Lana Tisdel in Boys Don’t Cry nel 1999, Chloë Sevigny è stata un’icona in grado di scardinare i preconcetti sull’identità di genere in un periodo in cui parlare di identità oltre i binari era un argomento tabù.

All’epoca era una ragazza che si imponeva in maniera alternativa, trasgressiva, con uno sguardo diretto, sicuro ed al contempo misterioso.

Non aveva timore, a differenza di altre attrici ed attori, ad interpretare ruoli come quello di Lana Tisdel (un’interpretazione ed un film che, nonostante la candidatura ai Golden Globe e all’Oscar, furono malvisti dall’America bigotta).

L’atteggiamento, lo stile e l’androginia di Chloë sono tutt’oggi apprezzati e la rendono un’icona evergreen capace di conquistare costantemente un ruolo periferico e al contempo indispensabile della scena.


Angelina Jolie

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Un’attrice che negli anni ’90 ha rappresentato per eccellenza la bellezza androgina è di certo Angelina Jolie.

Siamo nel 1995, nel bel mezzo del periodo grunge e dell’alternative rock. Qui incontriamo il personaggio di Kate Libby nel film “Hackers” ed interpretato da Angelina Jolie. L’attrice sfoggia un look futuristico e neo punk, ha i capelli tagliati corti e svolge delle mansioni dominate sin da sempre dagli uomini.


Robin Tunney

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Uno dei ruoli di Robin Tunney che negli anni ’90 l’hanno resa un’icona androgina è quello di un’adolescente problematica nel film “Empire Records” del 1995.

Definita nello stesso film una Sinead O’ “Ribellion” Connor (in relazione ad un’altra icona di quegli anni che descriveremo subito dopo), Robin Tunney in questo film si rasa i capelli a zero ed assume un atteggiamento ribelle dopo essere stata lasciata dal fidanzato. Questa interpretazione ed il suo look androgino l’hanno fatta entrare di diritto nelle icone tomboy degli anni Novanta, e chiaramente in questa lista.


Sinead O’ Connor

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Capelli rasati, stile androgino e ribelle: tra le più amate e imitate di sempre. Si diceva all’epoca che Sinead O’Connor si fosse rasata per fare un dispetto ai suoi manager che la volevano coi capelli lunghi. La storia dice che quello del taglio fu un gesto aveva molto da raccontare. Di Sinead, come di intere generazioni.


Annie Lennox

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A cavallo tra fine ’80 e primi ’90, Annie Lennox veniva chiamata “l’androgina Lennox” o “la Grace Jones bianca” (a proposito: Grace Jones è stata la madrina anni ’80 di tutte le nostre icone androgine degli anni ’90? Sì. Ed è stato anche molto altro).

Icona della musica anni ’80 e ’90, Annie ha fatto del suo stile e della musica dei mezzi di lotta, di ribellione alla società patriarcale ed eterocentrica. In particolare, femminismo, mondo LGBTQ+ e lotta all’Aids sono i temi dominanti delle sue battaglie.

Il taglio di capelli di questa immagine è stato utilizzato anche dalle donne afroamericane come strumento contro discriminazioni e ingiustizie sociali.


Milla Jovovich

milla jovovich, volti androgini

Nonostante abbia interpretato più volte ruoli cinematografici da da femme fatale, nell’universo fashion Milla ha voluto e saputo calarsi nell’immagine androgina in moltissimi editoriali di moda. Era amatissima per questo. Un’attitudine trasformista e genderfluid che ha fatto di lei un’icona di riferimento per molti fan ed elite creative.

 


Missy Elliott

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La rivoluzione di Missy Elliott si è consumata in uno degli epicentri più tossici della mascolinità occidentale.  Nikki Lane, dottore presso il Dipartimento di Antropologia dell’American University, ha scritto: “Missy Elliott mette in discussione il fondamento stesso della cultura hip-hop contemporanea. Resiste mettendo in discussione le norme di genere e assumendo una posizione di potere. Missy causa instabilità nei sistemi che cercano di confinarla ai margini della cultura hip-hop perché è una “rapper donna”.

Con alcuni dei suoi brani di successo e con la sua immagine androgina che sfida l’oggettivazione del corpo femminile, Missy ha fatto tremare intere generazioni di uomini potenti nel settore dell’industria musicale. Compresi molti colleghi artisti maschi.

Sempre Nikki Lane dice: “In quanto donna, Missy Elliott sfida l’ideale di ciò che un rapper dovrebbe essere nel settore”. Oggi questo sembra scontato. Negli anni ’90 non lo era affatto. Fino a quando è arrivata Missy.

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