Il governo russo ha di fatto bandito l’omosessualità da tutti i media, inasprendo la famigerata legge contro la “propaganda gay” che fino ad una settimana fa era rivolta solo ai minori. Da oggi in poi sarà vietato proporre e/o parlare di tematiche LGBTQI+ in tv, al cinema, in edicola, in radio, ovunque.
Dinanzi a simile oscenità c’è un uomo, il medico e attivista LGBTQ+ Pyotr Voskresensky, che domenica scorsa ha sfidato Vladimir Putin aprendo un museo di storia LGBTQ+ a San Pietroburgo, con l’assoluta consapevolezza che potrà essere chiuso da un momento all’altro, con forti ripercussioni giudiziarie sulla sua persona.
Voskresensky ha precisato a Open Democracy come sarebbe pericoloso non fare qualcosa del genere.
“Sono consapevole che tutto questo possa finire male, è un rischio che mi sono assunto e non voglio che altri rischino insieme a me. Apro questo museo perché il tempo sta per scadere”.
Voskresensky è da sempre interessato alla storia LGBTQI+, ha passato anni a studiare vecchi documenti, fino a quando non ha visitato la casa-museo di Čajkovskij a Klin. Tutti gli oggetti un tempo esposti sono stati probabilmente distrutti, “dai parenti che avevano paura di portare disonore alla famiglia e alla memoria del defunto, o dagli stessi proprietari quando è arrivata l’era della repressione”. “Non c’era più traccia della vita personale del compositore.”
Il museo era stato allestito dal fratello di Pëtr Il’ič Čajkovskij, Modest, che, come lo stesso compositore, era gay. Modest non permise ai propri parenti di distruggere l’archivio di Čajkovskij, che conteneva riferimenti inequivocabili alla sua omosessualità, e ha ripulito la tenuta da tutto ciò che potesse metterlo in difficoltà. Voskresensky si è quindi reso conto che c’erano probabilmente non pochi pezzi cruciali della storia LGBTQ+ in vendita e ha iniziato a setacciare mercatini delle pulci, negozi di antiquariato e siti web per dar vita ad una collezione. Nel suo stesso appartamento di San Pietroburgo è nato così un museo della storia LGBTQI+, aperto solo la sera.
Quello di Voskresensky non è il primo museo LGBT russo, perché una collezione simile venne mostrata al pubblico a San Pietroburgo nel XIX secolo. “Quello che è successo a quel museo è un mistero“, ha detto Pyotr. “Ma sappiamo che non era il solo e che ce n’erano diversi simili“.
Il piccolo museo di Voskresensky accoglie circa tre dozzine di manufatti tra oggetti decorativi, gioielli e libri. Si possono ammirare quattro cammei con i ritratti di Antinoo, adolescente greco che si ritiene sia stato l’amante dell’imperatore romano Adriano e la cui immagine è diventata un simbolo dell’omosessualità maschile. Due di questi cammei sono stati prodotti in Unione Sovietica negli anni ’50. La collezione comprende anche alcune opere d’arte contemporanea, tra cui un busto in gesso del deputato della Duma Vitaly Milonov, tra gli ideatori della legge contro la “propaganda gay”, che indossa un velo da sposa.
Intervistato da RadioFreeEurope, Voskresensky ha sottolineato come voglia far sapere che le persone LGBTQ+ hanno sempre fatto parte della storia russa. “I valori tradizionali vanno oltre le semplici famiglie numerose e monogame. Anche le persone queer ne fanno parte. I gay in Russia ci sono da sempre”. Nel momento in cui gli emendamenti della nuova legge russa diventeranno effettivi, probabilmente a partire proprio da oggi, 1 dicembre, Voskresensky è pronto a portare la sua collezione altrove, trasformandola in un “museo in esilio”, da “rifugiato” in un paese più accogliente, per continuare a raccontare la storia LGBTQI+ russa, affinché non vada distrutta nè dimenticata.
“Siamo sopravvissuti ai comunisti, a Josef Stalin. Siamo sopravvissuti ai nazisti. Sopravvivremo a tutti loro”. “Che provino pure a cancellare e a vietare tutto”. “Non possono farlo. La comunità LGBT ha un vantaggio nei loro confonti: è immortale. Il fatto che possiamo studiare la nostra storia ci dà qualche speranza, perché se abbiamo un passato avremo anche un futuro”.
Foto foto: OpenDemocracy
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