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Cristo è intersezionale, i cattolici chiedono accoglienza per le persone LGBT+

Attenzione anche per donne, giovani, persone con disabilità e immigrati. Quando sono i fedeli a parlare, la Chiesa torna alle origini della parola di Cristo.

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Per ora non si può chiedere di più, ma almeno essere accoltə, quello sì. Il documento di sintesi della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione” che la Presidenza della CEI ha consegnato il 15 agosto alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi chiede “accoglienza per le persone LGBT+ con i loro genitori“.

“Si coglie l’esigenza di un ripensamento complessivo: numerose sottolineature fanno emergere carenze sul piano della capacità di inclusione. In particolare, si riconosce il bisogno di toccare ferite e dare voce a questioni che spesso si evitano.”

Nel documento emerge un pensiero cristiano fortemente intersezionale, che abbraccia le fragilità e le emarginazioni del contemporaneo. Accoglienza e ascolto sono auspicate verso i giovani, le donne, le persone con disabilità, le persone LGBT+ con i loro genitori e gli immigrati.

La richiesta delle persone italiane che credono nel Dio cattolico e vivono una vita da fedeli, avviene dopo “una fase di ascolto capillare del Popolo di Dio” avviata nelle diocesi del territorio italiano nell’anno pastorale 2021-2022. Un primo passo che getta luce sul primo anno di Cammino sinodale, che sarà strutturato in tre momenti:

  • fase narrativa (2021-2022 e 2022-2023)
  • fase sapienziale (2023-2024)
  • fase profetica (2025).

Sono stati formati circa 50.000 gruppi sinodali, per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone, che hanno prodotto più di 1.500 pagine di resoconti su quello che la Chiesa di Roma definisce “lo Spirito“, ovvero il sentimento collettivo che anima i fedeli (il Popolo di Dio) e li avvicina alla parola di Cristo e alla fede in Dio. Ebbene, consultando il Popolo di Dio, ne emerge la richiesta di “accoglienza per le persone LGBT+ e per i loro genitori“.

È scritto già nel paragrafo 2 del secondo capitolo del documento (qui il pdf integrale scaricare). Nel quale si spiega che i credenti cattolici, mediante la consultazione sinodale avvenuta nelle diocesi, hanno evidenziato l’importanza di vivere la prossimità nella pluralità delle situazioni di vita e condizioni che abitano un territorio. I cattolici credono e dicono che le persone costituiscono la vera ricchezza delle comunità e che ciascuna persona ha il suo valore unico e infinito.

Non si parla di fare sforzi di apertura verso chi è ai margini, spiegano i fedeli attraverso il documento sintetizzato dalla CEI. Ciò che conta davvero per i cristiani cattolici italiani è praticare l’accoglienza come “cammino di conversione per dare forma nella reciprocità a una comunità fraterna e inclusiva che sa accompagnare e valorizzare tutti”. Una consapevolezza che permetta di superare la distinzione tra chi è dentro e fuori.

Per vivere l’accoglienza, i cattolici chiedono “una Chiesa che sappia far entrare”, e immaginano un “ministero di prossimità” per i laici che si mettano in ascolto delle situazioni di fragilità per giungere a un processo di rinnovamento e creare comunità più aperte, meno giudicanti, che non lascino indietro nessuno.

Il percorso sinodale ha portato i cattolici a riconoscere le proprie carenze sul piano della capacità di inclusione. Nel documento di sintesi scrivono:

“In particolare, si riconosce il bisogno di toccare ferite e dare voce a questioni che spesso si evitano. Tante sono le differenze che oggi chiedono accoglienza: generazionali (i giovani che dicono di sentirsi giudicati, poco compresi, poco accolti per le loro idee e poco liberi di poterle esprimere; gli anziani da custodire e da valorizzare); generate da storie ferite (le persone separate, divorziate, vittime di scandali, carcerate); di genere (le donne e la loro valorizzazione nei processi decisionali) e orientamento sessuale (le persone Lgbt+ con i loro genitori); culturali (ad esempio, legate ai fenomeni migratori, interni e internazionali) e sociali (disuguaglianze, acuite dalla pandemia; disabilità ed emarginazione).”

Sono i semi di quella rivoluzione dal basso voluta da Papa Francesco, che qualche giorno fa ha incontrato un gruppo di persone trans*. La CEI (Conferenza Episcopale Italiana) è composta certamente da un clero avvinghiato al potere temporale e ai conservatorismi più respingenti, ma è anche popolata da sacerdoti sul territorio pronti ad aprire la Chiesa di Roma al contemporaneo e riconnetterla alla fratellanza e all’amore del cristianesimo. Attraverso il percorso del Sinodo, che dall’Italia si propagherà a seguire in tutto il mondo, una parte della Chiesa Cattolica vuole arrivare al Giubileo del 2025 con una rivoluzione inclusiva che parta dal basso. Dalle diocesi, dalle parrocchie, dal “popolo di Dio”.

Dopo duemila anni, è legittimo dubitare della reale capacità di aprire cuori, menti e azioni al principio dell’unicità e della libertà del singolo individuo. Ma proprio seguendo gli insegnamenti † di Gesù, guardiamo con fiducia al prossimo. Sperando che finalmente la Chiesa possa tornare a farsi guidare dalle parole del Cristo.

 

Photo by Joshua Earle on Unsplash

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