Un trionfo storico, forse inatteso. 35 anni appena, Gabriel Boric ha vinto le elezioni presidenziali in Cile, con decine di migliaia di persone scese in strada a Santiago per festeggiare i risultati del ballottaggio. Boric ha sconfitto il rivale dell’estrema destra José Antonio Kast, filo-pinochettista e omofobo. Otto milioni di persone si sono recate alle urne. Un record per il Cile, con il 55,8 per cento dei voti andati a Boric.
Poche settimane fa il matrimonio egualitario è stato ufficialmente legalizzato, con l’ex presidente Sebastián Piñera che ha posto la sua ultima firma presidenziale sulla legge finalmente approvata. In campagna elettorale Boric si era impegnato a lottare per i diritti LGBT+, mentre Kast aveva duramente criticato la “lobby gay”, opponendosi ferocemente all’uguaglianza matrimoniale e all’aborto. Il rischio di una sua elezione, elevatissimo, avrebbe condotto il Cile sulla strada del Brasile di Jair Bolsonaro. Al primo turno Kast aveva ottenuto più voti di Boric, con il 28% delle preferenze rispetto al 26% dell’avversario, ma al ballottaggio tutto è cambiato. L’elezione presidenziale, mai come in questo caso polarizzata, ha diviso il Paese in due.
Presidente più giovane di sempre ed esponente della sinistra, Boric, che si definisce ecologista e femminista, ha promesso che “seppellirà” il modello economico neoliberista lasciato dall’ex dittatore Pinochet, aumentando le tasse ai “super ricchi” per far lievitare i servizi sociali, combattere le disuguaglianze e rafforzare la lotta a sostegno dell’ambiente, smantellando i controversi schemi pensionistici privati. “Chiediamo che i nostri diritti siano rispettati come diritti e non trattati come beni di consumo“, ha ribadito dopo il trionfo. “Non permetteremo più che i poveri continuino a pagare il prezzo della disuguaglianza del Cile. I tempi a venire non saranno facili. Solo con la coesione sociale, ritrovandoci e condividendo un terreno comune potremo avanzare verso uno sviluppo veramente sostenibile, che raggiunga ogni cileno”.
Dall’altra parte l’incubo Kast è stato faticosamente seppellito. Figlio di un iscritto al partito nazista, il candidato dell’ultradestra si presentava come l’uomo della “legge e dell’ordine”. Se il primo si presentava come volto del cambiamento, di speranza verso il futuro, il secondo è tornato sfacciatamente ad un passato nero, cupo, tutto centrato sulla paura. Alla vigilia del voto Matteo Salvini, immancabilmente, aveva espresso il suo endorsement a Kast. E ne è uscito sconfitto, anche a 11.908 km di distanza.
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