Anche quest’anno la Regione Emilia Romagna ha promosso un’indagine rivolta alle persone LGBTQI+ per analizzare il fenomeno delle discriminazioni e violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Un’indagine il cui esito arriva proprio a ridosso del 17 maggio, Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia, il cui obiettivo è quello di promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare questi fenomeni.
Una persona su cinque (209 su 1052) ha dichiarato di aver subito aggressioni fisiche motivate da orientamento sessuale o identità di genere, una su due di aver ricevuto minacce o insulti e otto su dieci sono state calunniate o derise.
L’indagine si basa su 1.053 questionari proposti a persone LGBTQI+ (tra il 15 luglio e il 9 ottobre scorsi). Il 98,2% di chi ha risposto al questionario è di nazionalità italiana e l’88% sono residenti in Emilia-Romagna. Con un’età compresa tra i 13 e i 72 anni, nella quasi totalità dei casi, il 99,2%, sono domiciliati nella regione: il 53,9% residenti nei Comuni capoluogo e il 45,7% in provincia.
Il 46,9% (N=493) del campione complessivo è costituito da uomini cisgender. Di questi, l’87,4% (N=431) si definisce gay, l’8,5% (N=42) bisessuale e il 4,1% (N=20) fornisce altre auto-definizioni (non mi definisco, queer, pansessuale ecc.). Le donne cisgender compongono un ulteriore 39,3% (N=413) del campione complessivo. Tra queste, il 56,4% (N=233) si definisce lesbica, il 25,2% (N=104) bisessuale e un rilevante 18,6% (N=77) si riconosce in altre autodefinizioni (non mi definisco, queer, pansessuale, asessuale). Infine, il 13,8% (N=145) del campione si definisce trans* o non binary.
Le persone che si sentono discriminate solo in ambito lavorativo sono il 20%, una percentuale che cresce al 24,8% di chi rinuncia a proporsi per un lavoro. In quattro casi su cinque (161 persone, pari al 76,7% di chi ha dichiarato di essere stato discriminato) si identificano episodi sporadici. Il sottogruppo identitario che mostra il tasso di incidenza più alto sono le persone trans e non binarie (32,4%), mentre il sottogruppo meno colpito è quello delle donne bisessuali (14,4%). Si stima che chi non denuncia rappresenti una forchetta che va dal 44 al 56% del campione. Circa la metà di coloro che cercano aiuto dopo un episodio di vittimizzazione lo fa parlandone con amici e familiari.
I risultati della survey relativi alle aggressioni sessuali – operativizzate nei termini di stupro e tentativi di stupro – mostrano che più di una persona su dieci dichiara di averle subite, nella gran parte dei casi in forma episodica. Si tratta di 120 persone, cioè l’11,4% dell’intero campione.
Aggregando le derisioni/calunnie subite online e offline risulta che i soggetti che ne sono stati colpiti sono quasi otto su dieci (810 unità, ovvero il 77,1%). Inoltre, più di una persona su tre (347 unità, 35,7%) ha subito derisioni e calunnie almeno una volta in entrambi gli ambiti.
Sul fronte outing e misgendering, più di sei persone su dieci dell’intero campione (643 unità; 61,2%) affermano di averlo subito almeno una volta. Di queste, due su tre l’ha subito più volte o spesso.
Quattro persone su dieci sono state escluse dalle cerchie amicali (38,3%) o si sono sentite almeno una volta poco o male accolte in esercizi commerciali (38,6%), ovviamente a causa del loro orientamento sessuale/identità di genere. La quota supera le sei persone su dieci se si considerano coloro che hanno esperienze di frequentazione di luoghi di culto e associazioni religiose (61,9%). Infine, in termini com- parativi, la (non)frequentazione di spazi pubblici considerati pericolosi emerge con la frequenza più elevata, riguardando due persone su tre (65%).
L’indagine è stata realizzata da Luca Trappolin e Paolo Gusmeroli, del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova.
“Conoscere e approfondire i problemi– spiega l’assessora regionale alle Pari opportunità, Barbara Lori-, è il primo passo per mettere in campo politiche efficaci contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale, come previsto dalla legge regionale numero 15 del 2019. Da qui l’iniziativa dell’indagine, che fornisce un primo spaccato del mondo LGBTQI+, e ringrazio le associazioni per la collaborazione fornita per mettere a punto il questionario e chi ha partecipato”.
“Formazione, informazione e inclusione sembrano essere le chiavi per affrontare i problemi evidenziati– aggiunge l’assessora-. A partire dai dati raccolti stiamo lavorando per sviluppare percorsi di formazione su identità di genere e orientamento sessuale rivolti in particolare ai professionisti e alle professioniste dei servizi sociali e sanitari, in una logica di sviluppo delle competenze. Contiamo poi di sensibilizzare e coinvolgere i sindacati e le associazioni di categoria per progettare insieme azioni di contrasto alle discriminazioni e alle violenze determinate da orientamento sessuale e identità di genere sui luoghi di lavoro, anche attraverso il coinvolgimento del Tavolo permanente per le politiche di genere”.
“I risultati acquisiti dalla ricerca sono molto rilevanti e contribuiscono a colmare il vuoto conoscitivo su questi temi che segna l’Italia– affermano i sociologi Luca Trappolin e Paolo Gusmeroli, dell’Università di Padova-. “In particolare, segnaliamo l’importanza di aver arricchito i dati dei questionari contestualizzandoli nel racconto sulla violenza e la discriminazione che ci è stato consegnato dalle molte interviste in profondità raccolte“.
© Riproduzione Riservata