Per Emma Dante l’arte deve mostrare tutto. Nel suo teatro non vuole nascondere il lato più orribile ‘sotto il tappeto come la polvere‘, ma raccontarlo in piena libertà e controllo del suo mezzo creativo: lo ribadisce in ‘I dialoghi delle Carmelitane‘, messa in scena tratta dall’anomala opera di Francis Poulenc, che il prossimo 27 Novembre inaugurerà la nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma.
Lo spettacolo riprende la storia originale del 1988 integrandola con gli elementi classici del teatro fisico di Dante, dove “non succede davvero nulla” e a comunicare sono il ritmo, il linguaggio, la musica, e la gestualità ripetuta del corpo. Con direzione musicale di Michele Mariotti e un cast composto da Corinne Winters, Anna Caterina Antonacci, Emoke Barath, Ewa Wesin, l’opera ripercorre la storia di sedici suore fanatiche, innamorate del loro Dio a tal punto da rifiutarsi di rinunciare ai propri voti e venir giustiziate nella Francia del 1794.
Una storia d’amore non canonica, la definisce Danes in un’intervista con il Corriere della Sera, dove l’innamoramento non è tra un lui e una lei ma con un Dio che conduce alla morte. Raccontando queste donne che ‘andarono al patibolo felici’, la regista ha l’obiettivo di cogliere il lato più libero e brutale dell’arte, senza scendere a compromessi: “ Il fanatismo diventa poesia, è un gesto poetico più legato all’amore che al delirio” spiega al Corriere “L’arte riesce a trasformare il gesto più politico in qualcosa di universale, di onirico. Non significa che è meno realistico”.
Un’opera, anche stavolta retta dalle sue protagoniste femminili che pur di fortificare la propria devozione, sono a disposte a portare i mattoni sui piede e sopportare dolore fisico ogni giorno. “La zoppìa è una conseguenza della penitenza” spiega nell’intervista.
Tutto in nome di un Dio che farà più rumore del solito, rappresentato come una figura né uomo né donna, androgina e incatalogabile dentro nessun binario di genere: “È il Cristo delle Carmelitane” racconta al Corriere “A loro immagine e somiglianza, al di sopra dei generi, quando viene deposto dalla croce, Cristo diventa uno, o una, di loro“. Una provocazione che non intimorisce la regista, ma al contrario è il motore di ogni sua opera, sopra e fuori il palco (oltre ai lavori teatrali, ha lavorato al cinema con Via Castellana Bandiera nel 2013 e il recente Le Sorelle Macaluso, presentato alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia nel 2020).
Dante celebra un’arte che non vuole restare bloccata, svincolata da ideologie e tutt’altro edulcorata: “Siamo nel mondo della censura dell’arte, mentre l’arte è il territorio della libertà e non dovrebbe conoscere censure” dice al Corriere “Se sulla croce metto in luce un corpo ambiguo, non dev’essere mortificato. Credo nella provocazione, anche forte. Se urta la sensibilità non mi importa nulla”.
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