Lo Shakespeare’s Globe non ha sicuramente paura di qualche controversia. Solo un anno fa, lo spettacolo teatrale “Romeo e Giulietta” – che includeva diversi trigger warnings e un disclaimer citante una linea antisuicidio – era stato oggetto di pesanti critiche.
Ora, ci risiamo. Ma per tutte le ragioni sbagliate. Questa volta, la scure dell’indignazione è caduta sulla nuova piece, “I, Joan”, di Charlie Josephine.
Se le critiche verso “Romeo e Giulietta” erano state più che altro rivolte all’eccessiva “wokeness” degli autori – accusati tenuemente di assecondare una censura portata avanti dagli attivisti più estremisti con la scusa di tutelare la salute mentale degli spettatori, le critiche verso lo spettacolo con protagonista Giovanna D’Arco risultano ancora più aspre.
Il nocciolo della questione sta nel personaggio stesso della “pulzella d’Orleans”, una figura estremamente simbolica e iconica specialmente per il popolo francese, martire bruciata al rogo dagli inglesi nel 1431. Giovanna D’Arco, qui, si identificherà come non binariə, utilizzando i pronomi “they/them”.
L’interprete sarà Isobel Thom, unə attorə non binariə, che indosserà un binder sul palco.
La stampa inglese si è letteralmente spaccata in due, tra chi guarda al nuovo concept di Giovanna D’Arco con sguardo attento e affascinato, e chi invece critica aspramente la scelta dellə regista.
Ma, come spesso in questi casi, anche la cattiva pubblicità è comunque pubblicità, e oggi la piece è diventata oggetto di una controversia a livello internazionale sui social media. Una parte di critici attaccano lə Giovanna D’Arco non binariə definendola come “l’ennesimo atto di cancellazione dell’identità femminile”.
A oggi, non vi è ancora segno di un’eventuale cancellazione dello spettacolo dalla programmazione del Globe, ma l’animosità della stampa potrebbe risultare in un contraccolpo significativo per una rappresentazione già controversa ancor prima del debutto.
Quella di Giovanna D’Arco è una controversia giustificabile?
Ancora una volta, è necessario sottolineare che “I, Joan” non ha ancora neanche avuto la possibilità di mostrarsi al pubblico: a oggi, abbiamo solo uno schema molto vago della trama, e l’unico elemento chiaro è la reinterpretazione dellə suə protagonista.
Ma il Globe è già corso ai ripari, difendendo lo spettacolo e spiegando che esso non vuole in nessun modo rivisitare la storia con una riproduzione fedele, ma piuttosto offrire una prospettiva diversa, e immaginaria, verso una figura storica sulla cui identità di genere esistono già diverse speculazioni.
Secondo il portavoce del Globe, le critiche che accusano “I, Joan” di negazionismo e falso storico risultano ridicole e fuori luogo. Non è pensabile che uno spettacolo così recente e nato in Inghilterra possa avere un impatto di qualsiasi tipo sulla percezione globale di Giovanna D’Arco.
In realtà, se guardiamo bene, le aspre critiche alla reinterpretazione di Josephine arrivano da una ben precisa frangia di opinione che difende il binarismo, definendolo l’unico metodo legittimo per categorizzare le persone e la loro identità di genere.
Allo stesso tempo, il concetto di non binario è relativamente nuovo per la popolazione mainstream, tanto che Josephine è lə primə drammaturgə non binariə a presentare una propria piece al blasonatissimo Shakespeare Globe, e – in generale – in un teatro su larga scala nel Regno Unito.
Le critiche erano già state previste e anticipate: si tratta di uno spettacolo che parla di una persona non binaria. Che si trattasse di Giovanna D’Arco o di unə protagonista anonimə, c’era da aspettarsi una qualche sorta di backlash, in entità molto più ingente rispetto a quello riservato a “Romeo e Giulietta”.
Oggi, è troppo presto per capire se “I, Joan” rischi di essere offuscato dalla montagna di critiche riservategli, tuttavia, c’è tutto il tempo del mondo per dimostrare il proprio sostegno allə produttorə.
Come sempre, più un’opera d’arte viene criticata, ostacolata e dissacrata, maggiore è il suo impatto.
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