È passato quasi un mese da quando Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina, dando vita ad una guerra nel pieno dell’Europa. Un’azione militare condannata dal mondo intero, con i russi LGBTQ+ terrorizzati dal proprio futuro, che si dipana in modo ancor più preoccupante rispetto al già terribile presente e al recente passato.
Maria, nome inventato di un’attivista queer intercettata da PinkNews, ha sottolineato come in Russia la guerra all’Ucraina sia descritta dai media e dal governo come un'”operazione speciale”, con condanne fino a 15 anni per chiunque osi protestare, smontare le fake news di palazzo. “Se parliamo di vere vittime, è considerato tradimento“, ha confessato la donna, attivista LGBTQ in un Paese che dal quasi 10 anni vieta la “propaganda dell’omosessualità”, con censure di stato, il divieto matrimoniale tra persone dello stesso sesso inserito in costituzione e il tentativo di cancellare le persone transgender.
“Penso che le persone LGBT+ riconoscano che, se il sistema dovesse diventare ancor più oppressivo, vorrà probabilmente dire che si metteranno a caccia delle minoranze, dei gruppi vulnerabili“, ha spiegato Maria. “Non sappiamo se domani ci sveglieremo in un mondo tornato a prima degli anni ’90, dove le relazioni LGBT+ erano punibili dalla legge e considerate criminali. Penso che le persone queer russe abbiano paura ed è per questo motivo che se ne stanno andando”. Ma la fuga dal Paese è tutt’altro che semplice. Anzi.
“Non sanno che, ad esempio, una volta lasciata la Russia le loro carte di credito russe non funzioneranno, quindi sono senza soldi, sono lontani dalle loro risorse finanziarie e non sanno dove andare”, ha rimarcato Maria. “Anche se lasci il Paese, se non hai la cittadinanza da qualche altra parte, il massimo che puoi rimediare è 3/6 mesi di asilo, e dopo cosa succede?”.
La situazione è diventata talmente drammatica che Maria sta valutando la possibilità di allestire un rifugio per i russi LGBT+ che stanno fuggendo dal Paese, senza dimenticare la tragedia che si sta verificando nella vicina Ucraina. “A volte mi dispero perché non credo sia più possibile essere un’attivista LGBT+ in Russia”.
Maria conosce altri attivisti che sono già fuggiti dalla Russia, perché impauriti da una possibile ulteriore escalation di repressione putiniana nei confronti della comunità. Il tutto è reso ancor più complicato dalla sofisticata propaganda russa. I media liberi sono stati chiusi, la maggior parte dei russi conosce unicamente le informazioni in arrivo dal Governo, mentre Facebook e Instagram sono stati banditi. Dinanzi alla propaganda che veicola un unico tipo di informazione, molti russi sono realmente convinti che la Russia stia “proteggendo” il popolo ucraino.
“La maggior parte della popolazione pensa che non stiamo attaccando nessuno, che non ci sono vittime, che l’esercito russo sta prendendo di mira solo basi militari in Ucraina e che questo è tutto”.
Questo perché Putin continua a sostenere in diretta tv di aver dato vita ad un’operazione militare che punti a “liberare” il popolo ucraino da governanti “filo-nazisti”. “Sembra così contorto che è quasi incredibile, ma è quello che la gente pensa”, ha precisato sconfortata Maria, convinta che la deriva putiniana fosse visibile sin da quando ha reso illegale la cosiddetta “propaganda LGBTQ”, nel 2014, con l’intenzione di salvaguardare i “valori tradizionali”. Putin, precisa Maria, ha inculcato ai russi l’idea che esistano valori specifici per “la nostra gente, che noi abbiamo i nostri valori e che non abbiamo bisogno dei vostri valori e delle istituzioni democratiche. La Russia non si preoccupa più di quel che dice il resto del mondo, ha le sue regole. Il Cremlino sta costruendo questa retorica dei valori russi, questa retorica anti-occidentale, per distinguerci dal resto del mondo, a ribadire che noi siamo diversi dall’Occidente, seguiamo i nostri valori, non abbiamo bisogno di loro”.
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