L’innamoramento per Giorgia Meloni non è affatto penetrato nell’Italia del popolo. Ma è certamente penetrato nell’establishment che vede nella leader di Fratelli d’Italia la possibilità di una svolta reazionaria, che possa frenare la spinta al cambiamento che arriva dallə cittadinə. Un po’ come accadde già per i Cinque Stelle, l’establishment anche questa volta prova in ogni modo a ignorare quello che sta accadendo nel cuore della nostra democrazia.
La possibilità che questo paese prenda in mano il proprio destino spaventa chi, finora, grazie allo status quo, ha avuto poltrone, presidenze, potere, denaro. La possibilità che il Partito Democratico guidato da Elly Schlein possa un giorno diventare un partito di governo spaventa chi, come i sedicenti riformisti del PD che votano con Meloni per rendere reato universale la GPA, teme di perdere un potere trattenuto con le unghie dal 1948 ad oggi. Qualcuno li chiama catto-comunisti, ma è una definizione ormai imprecisa.
A differenza dei Cinque Stelle, Schlein non è una bibitara che vuole aprire il parlamento come una scatoletta di tonno. Anzi, la sua intervista a Vogue ha spiazzato tutti. Ma come, una che vuole la svolta a sinistra va da Vogue? Così, si è preferito parlare di aromocromia. Per distogliere l’attenzione dall’evidenza: Schlein non è una pericolosa comunista, è una riformista del 2023. E si può fare certamente ironia, arma sempre vivida negli strumenti dei vecchi tromboni, ma va detto che il riformismo oggi non può che essere liquido e tenere insieme moltitudini di istanze e rivendicazioni. Non siamo più nel ‘900 dove le masse potevano essere ridotte a correnti di partito: qualcuno vuole spiegarlo a certi dinosauri del PD?
Lo scorso weekend si è votato per le amministrative in alcune città d’Italia e il PD è risultato il partito più votato. Ma di nuovo si sono mostrati tutti spiazzati. La segreteria PD a guida Schlein, in carica da poche settimane, non ha potuto certamente modellare le candidature locali di questa tornata elettorale. Quindi, gli uomini scelti localmente dalla vecchia struttura del PD hanno perso ovunque. Il centro-sinistra ha perso i suoi sindaci. Ma c’è stato un dato stupefacente: il PD in quanto partito è stato il più votato ovunque. Effetto Schlein, dunque.
Gli uomini scelti dal vecchio PD non sono stati in grado di costruire alleanze territoriali per vincere le elezioni, disturbati dai Cinque Stelle del moribondo Giuseppe Conte (che presto sarà sostituito da Appendino, dicono i retroscena politici), disturbati dai riformisti interni al PD che non hanno avuto il coraggio di Renzi e Calenda di costruire la propria area liberale, ma restano attaccati ai benefit del grande partito: poltrone, potere. Disturbati dalle liste civiche, delle quali evidentemente non hanno più il controllo popolare come per decenni hanno fatto PDS, DS e PD nei Comuni e nelle Regioni di tutta Italia. Ha perso il vecchio PD, non la segreteria Schlein. È del tutto evidente, ma la narrazione è manipolata.
Chi scrive pensa questo: su questo hanno proprio ragione Renzi e Calenda. L’area liberale si costruisce fuori dal PD, per chi ha il coraggio. I liberali che restano nel PD, lo fanno per il potere. Appellarsi come “riformisti” è un inganno linguistico, sarebbe più onesto definirsi “catto-comunisti”, ma in effetti è desueto. Infatti: si tratta di profili politici desueti. Per i quali, nel PD di Schlein, non c’è posto.
Tramite La Stampa, Alessandra Ghisleri ha diffuso i risultati dei sondaggi svolti nelle città in cui si votava, e il dato è chiaro:
il Partito Democratico ha ottenuto il 16,18%,
Fratelli d’Italia il 13,6%,
la Lega il 7,55%
e Forza Italia il 6,66%.
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