Nel 1995 il piccolo Andy Davis passava le proprie giornate a giocare con Woody, pupazzo di uno sceriffo cowboy, e con Buzz Lightyear, giocattolo spaziale super-accessoriato nato dal suo film preferito. Quel film, dopo quasi 30 anni di distanza, sbarca ora in sala con Lightyear, prequel/spin-off di Toy Story interamente dedicato alle origini del leggendario Space Ranger. Partendo da questa semplice ma al tempo stesso geniale trovata, la Disney/Pixar ha rianimato il mito ideato da John Lasseter, poi proseguito con Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa, Toy Story 3 – La grande fuga e Toy Story 4.
Diretto da Angus MacLane (co-regista di Alla Ricerca di Dory), Lightyear racconta l’inesplorata storia dell’eroe che ha ispirato il giocattolo di Toy Story, bloccato su un pianeta ostile a 4,2 milioni di anni luce dalla Terra insieme al suo comandante e al loro equipaggio. Mentre Buzz cerca di trovare un modo per tornare a casa attraverso il tempo e lo spazio, si uniscono a lui un gruppo di ambiziose reclute e il suo irresistibile gatto robot di compagnia, Sox. L’arrivo di Zurg, imponente e inquietante presenza con un esercito di robot spietati e un fine misterioso, complica le cose e mette a rischio la missione di una vita.
Nei cinema d’Italia dal 15 giugno, “Lightyear – La vera storia di Buzz” è già entrato nella storia dell’animazione, perché primo lungometraggio Disney Pixar con una coppia queer al suo interno. Anzi, con una famiglia arcobaleno, come recentemente accaduto in Eternals della Marvel con Phastos, suo marito e suo figlio.
Il personaggio di Alisha Hawthorne, ranger spaziale nonché storica amica di Buzz doppiata in lingua originale da Uzo Aduba, è dichiaratamente lesbica e si innamora di una donna, costruendo al suo fianco un’amorevole famiglia. Con figlio e dolce nipotina. In pochi minuti, esattamente come capitato ai tempi dell’inarrivabile incipit di Up, assistiamo all’inizio e alla fine di questo amore, con mezzo secolo di vita insieme splendidamente rappresentato. Attraverso una semplice porta che si apre, MacLane mostra un mondo di intimità, di felicità, di serenità famigliare, con due donne che invecchiano l’una al fianco dell’altra, tenendosi la mano, baciandosi al cospetto del figlio ormai 40enne e della tenera nipotina.
Una prima (s)volta queer a lungo attesa, che aveva inizialmente visto i capoccioni Disney chiedere ‘tagli’ dagli animatori Pixar ritenuti insensati. Così quel tenero e fugace bacio tra Alisha e l’amata inizialmente cancellato è stato fortunatamente reintrodotto, sull’onda delle proteste per la legge “Don’t Say Gay” approvata in Florida, senza dover spiegare niente a nessuno. Alisha non fa coming out, non ha bisogno di dichiarare il proprio orientamento sessuale. In un rapido dialogo con Buzz si parla di sentimenti, e lui le chiede quando gli presenterà la fortunata. Al femminile. E mentre Lightyear continua a viaggiare nell’iperspazio e a perdere decenni in pochi minuti per trovare l’inarrivabile formula che permetterebbe a tutti di tornare a casa, Alisha vive una vita d’amore insieme a sua moglie, appagata tra i propri affetti.
Doppiato in italiano da Alberto Malanchino, Ludovico Tersigni, Esther Elisha e dai piloti della scuderia Ferrari Charles Leclerc e Carlos Sainz, Lightyear porta finalmente l’animazione hollywoodiana verso l’inclusione, e oltre, all’interno di un lungometraggio che onestamente poco aggiunge alla mitologia Toy Story, cavalcando valori tradizionalmente Disney come l’amicizia, il coraggio, l’unione che inevitabilmente fa la forza, il sacrificio, il perdono, il trionfo del “noi” rispetto al solito “io”, l’importanza di vivere sempre nel presente e mai nel passato. Buzz, accecato dal proprio ego e ossessionato dalla perfezione, sacrifica la propria esistenza pur di riparare un proprio errore di valutazione, gettando al mare un’intera vita.
Sfruttando tunnel spazio-temporali in salsa Interstellar, Lightyear viaggia nel tempo e nello spazio tra ricordi passati, presenti e futuri, cambiando al cospetto dell’amore e dell’amicizia, scoprendo la bellezza della condivisione rispetto alla fugace eccitazione di una solitaria vittoria.
In prospettiva marketing e non solo, i geni della Disney hanno nuovamente fatto centro grazie all’irresistibile Sox, geniale ed esilarante gatto robotico che parla, fa le fusa, lancia dardi anestetizzanti dalla bocca e realizza cervellotiche operazioni matematiche, caricandosi alla corrente elettrica con una porta usb nella coda. Praticamente immortale, fedele amico dagli occhioni dolci e giganti, Sox è un mix tra Doraemon e l’Uomo Bicentenario, all’interno di un film che certamente non passerà alla storia tra i capolavori Pixar, per quanto visivamente spettacolare ma tendenzialmente piatto anche nel reiterarsi dell’azione, se non fosse che nella storia ci sia già comunque entrato.
Perché il tetto rainbow di cristallo è finalmente stato abbattuto e da oggi ci sarà un prima e un dopo Lightyear, grazie alla ranger spaziale Alisha Hawthorne, a sua moglie, a suo figlio e alla nipotina che mai ha dimenticato quelle bellissime nonne così innamorate. Per tutta la vita.
Voto: 6.5
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.