Mae Martin non ha paura di raccontare le storie più imbarazzanti della sua vita: da quando suo padre le ha detto in quale stanza della casa l’hanno concepitə al siparietto ridicolo dopo aver incrociato per caso l’ex fidanzata fino al soprannome che le hanno dato in rehab.
Se ancora non avete idea di chi sia, su Netflix vi aspettano Feel Good, miniserie in due stagioni ispirata liberamente dalla sua vita personale, e SAP (tradotto: linfa), stand up comedy uscita lo scorso martedì, dove in 1 ora 13 minuti Martin condivide retroscena quotidiani che non ci sogneremmo mai di dire ad alta voce dentro una stanza piena di sconosciuti.
Al contrario, lə comicə trentacinquenne (che un anno fa si vociferava avesse un flirt con Elliot Page) oscilla tra privato e universale, andando ben oltre la lamentela sterile dell’ennesimə millenial incasinatə.
Dalla disforia di genere che fa capolino insieme alla pubertà alla tossicodipendenza a soli dodici anni, Martin scherza su una forma di ribellione ‘egocentrica e sbagliata’, che avrebbe imparato molto dalle nuove generazioni. “Non stanno solo su TikTok” dice Martin “Protestano contro il cambiamento climatico e smantellano il binarismo di genere. Cosa facevo io? Strisciavo in un vicolo chiedendo: qualcuno ha degli acidi? È un comportamento inutile”.
Tra i dolori degli Novanta e compagne di scuola che vogliono sapere a tutti i costi quale Spice Girl sei (ma tu vorresti solo rispondere Nick Carter), Martin paragona la sua identità di genere a Lumiére della Bella e La Bestia: “Immaginate che ad un’estremità dello spettro ci sia Gaston con la sua mascolinità estrema” dice in SAP “All’altra estremità c’è Belle che ha la sindrome di Stoccolma, e poi nel mezzo c’è il candelabro, no? Io mi rivedo in Lumière. Empatizzo con Lumière. Più diamo spazio a Lumière, più Belle e Gaston si divertono”.
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Attraverso l’improbabile (ma perfettamente calzante) metafora, Martin risponde direttamente a tutti quei comici uomini – nello specifico, David Chapelle, Ricky Gervais, Louis CK, e Joe Rogan – che prendono in giro le persone trans* in un periodo storico “in cui i diritti sono appesi ad un filo e si sta tornando indietro“.
“Quando fai parte deal comunità trans, può sembrare una sconfitta in partenza” ha spiegato Martin a Rolling Stone “Perché appena inizi a parlarne, le persone rispondono subito ‘Ugh, stanno sempre a piagnucolare”.
Ma nei suoi spettacoli, Martin ha trovato la cifra per riuscire a far ridere il pubblico e al contempo controbattere alle battute transfobiche dei colleghi, riuscendo nella nobile impresa di tirarci su di morale.
“In generale, lo spettacolo parla di come cerchiamo di restare, in ogni modo, ottimisti davanti un’enorme parete di cattive notizie davanti a noi tutto il tempo” dichiara a The Advocate Channel “Mi auguro aiuti le persone a sentirsi meglio e meno sole”.
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