Milano, il quartiere LGBT di Porta Venezia diventa “esperimento” anti-movida. Critiche a Sala

Sabato 4 settembre, alle ore 22:00, un sit-in di protesta nel quartiere.

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Il sindaco di Milano Beppe Sala ha firmato un’ordinanza che vieta l’asporto dalle ore 22 nel quartiere di Porta Venezia, andando a colpire in particolare il luogo di aggregazione principale della comunità LGBTQ+ milanese. Il provvedimento, motivato da ragioni di tutela del decoro, dell’ambiente, del patrimonio culturale e della sicurezza, si applicherà fino al 3 ottobre a tutte le tipologie di esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita, attività commerciali, artigiani per asporto, pubblici esercizi, distributori automatici e street food che lavorano nelle aree del Duomo, dell’Arco della Pace, di Ticinese, Darsena, Navigli e Tortona, di Nolo, di corso Como, Gae Aulenti, Garibaldi e Brera, Isola, Melzo e Lazzaretto. Ma solo in queste ultime due aree sarà vietato vendere o cedere a qualsiasi titolo per asporto bevande alcoliche di qualsiasi gradazione, sempre dalle 22 alle 5 del giorno successivo, 7 giorni su sette.

Durissima la replica dei principali esercizi commerciali del quartiere, tenuti fino all’ultimo all’oscuro della decisione presa.

Sono mesi che chiediamo aiuto al Comune per noi commercianti, avventori e residenti, vista la situazione di disagio e pericolo che stiamo vivendo“, hanno sottolineato in un comunicato congiunto. “Siamo arrivati dalla vicesindaca, in rappresentanza di più di 20 locali, con delle proposte di regole che tutte le attività commerciali dovevano rispettare. Ci siamo sentiti presi in giro e traditi. Abbiamo più di 200 dipendenti e con questa ordinanza rischiamo di lasciarne a casa i due terzi. E allo stesso tempo non ci salva da chi arriva nel quartiere con bottiglie di vetro prese ai minimarket e altrove. Ci siamo anche sentiti dare del “elitè”. Siamo rimasti chiusi per mesi e questo è il trattamento? La sensazione è che siano sconnessi dalla realtà“.

“Siamo l’unico quartiere colpito in questo modo. La vicesindaca ci ha definiti come “esperimento”. Ma perché scegliere il quartiere con un’identità e un valore sociale così potente come il nostro?”, si sono domandati. “Ci siamo chiesti ad alta voce se non stessero dando per scontato il sostegno della comunità, in vista delle elezioni. Scavuzzo ci ha schernito dicendo “Vabbeh, tenetevi Bernardo se volete.” anche gridandoci contro. Siamo rimasti scioccati, a parte per il riferimento ad uno schieramento politico a noi pesantemente avverso, ma soprattuto perché avevamo fatto presente più volte il nostro ruolo fondamentale nella riqualificazione del quartiere e come luogo di aggregazione per le persone LGBTQ+ dove si possano esprimere liberamente, molte di noi comprese”.

Sabato 4 settembre, alle ore 22:00, è atteso un un sit-in di protesta nel quartiere, che coinvolgerà tutta la comunità. Michele Albiani, responsabile diritti per il PD Milano Metropolitana, ha preso le difese dei commercianti, rimarcando come questa ordinanza non sia soltanto “una soluzione raffazzonata per un problema che è sicuramente reale e meritava un maggiore sforzo da parte dell’Amministrazione, ma è anche miope rispetto al grande valore sociale di questo spaccato cittadino e alle istanze di un settore economico che non mi pare avesse bisogno di ulteriori ostacoli sulla strada. Con questo provvedimento stiamo dicendo che questi esercenti, per il Comune di Milano, non hanno il diritto di imboccare la strada della ripresa, anzi deliberatamente gliela neghiamo. Stiamo parlando di famiglie, almeno 200, che l’Amministrazione sceglie di mettere in difficoltà. Ma stiamo parlando anche di migliaia di persone LGBTQ+ che hanno trovato in questa zona di Milano un posto sicuro, in cui esprimersi e sentirsi libere, alle quali stiamo dicendo che non c’è sufficiente sensibilità nei loro confronti. È la dimostrazione che a questa Amministrazione manca ancora qualcosa per trasformare una piacevole narrativa inclusiva in politiche attive, oltre che di visione per gestire complessivamente le criticità della zona di cui commercianti e comunità sono vittime tanto quanto i residenti”.

 

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