Nel gennaio scorso l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva ‘vinto’ una delle sue più urlate battaglie, quella contro la dicitura ‘genitori’ nelle carte d’identità dei più piccoli, con il ritorno di ‘padre’ e ‘madre’. Una trovata che il Garante della Privacy aveva sonoramente bocciato, a causa di possibili criticità legate a tutti quei casi in cui a richiedere la carta d’identità per un minore fossero soggetti non riconducibili alla specificazione terminologica ‘padre’ o ‘madre’.
Ebbene caduto il Governo giallo-verde, e subentrato il Governo giallo-rosso, quell’atto ministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale potrebbe presto andare al macero. La senatrice Monica Cirinnà è intervenuta ieri in aula, nella discussione generale sul disegno di legge di conversione del decreto sulla proroga del Garante Privacy, ricordando l’importanza della funzione del Garante nella tutela dei diritti, sottolineandone proprio il parere sul vergognoso decreto che reintrodusse la tanto chiacchierata dicitura sui documenti, violando i diritti di centinaia di bambine e bambini, soprattutto quelli delle famiglie arcobaleno.
“Ho chiesto espressamente alla Ministra Lamorgese di intervenire per porre fine a questa discriminazione inaccettabile“, ha annunciato la battagliera Cirinnà. “Ricordo l’intervento del Garante su uno dei più odiosi procedimenti del precedente Governo. Tagliando con l’accetta la pluralità di esperienze familiari che caratterizzano la nostra società, ed esponendo bambini e bambine di questo Paese a delle discriminazioni intollerabili, sulla base della famiglia in cui crescono. Un’ingerenza pesantissima nella sfera più intima dell’identità personale e della vita personale e famigliare, che come tipico di quel tipo di cultura politica, ignora la pluralità di esperienze di vita, e anzi le taglia con l’accetta dell’ideologia e dell’oscurantismo. Pensate che ci sono bambini con due padri e due madri che per colpa di quel decreto hanno perso il diritto di ottenere un documento di identità“. “Un decreto grave, pericoloso, vergognoso, che mi auguro venga presto eliminato dal nostro ordinamento giuridico“.
La palla passa ora alla ministra Luciana Lamorgese.