La Nigeria è la sesta nazione al mondo per popolazione, con oltre 225 milioni di abitanti, nonché il primo paese africano per peso economico, avendo superato anche il Sudafrica, e uno dei più omofobi sul Pianeta.
Le aree legalmente governate dalla Sharia stabiliscono la condanna a morte per donne e uomini omosessuali. Costituzionalmente, il capitolo 21, l’articolo 214 e 217 del Codice Penale dichiarano che “Ogni persona che abbia congiungimento carnale con altra persona contro l’ordine naturale o permette ad un uomo di avere congiungimento carnale con un uomo o con una donna contro l’ordine naturale è colpevole di un delitto grave e perseguibile di imprigionamento per 14 anni“. Secondo la legge della Sharia, che in molte zone della nazione viene applicata, il rapporto anale (liwat) deve essere punito con 100 frustate per gli uomini non sposati, e con un anno di prigione più la morte per lapidazione per gli uomini sposati.
A fine dicembre 19 persone sono state arrestate per aver organizzato un matrimonio gay. Lo scorso luglio la corte islamica ha ordinato la lapidazione di tre uomini perché omosessuali. Due anni fa un vescovo anglicano nigeriano ha definito “l’omosessualità” come “un virus mortale da estirpare”. In questo contesto socio-politico la Nigeria si ritrova oggi alle urne per le elezioni presidenziali, con il settantenne Bola Tinubu di All Progressives Congress, APC, e il 76enne Atiku Abubakar del People’s Democratic Party (Pdp), entrambi musulmani, tra i favoriti per la vittoria finale. Nel mezzo Peter Obi, 61enne del partito laburista, che proverà ad andare oltre la consuetudine del voto assegnato su basi etnico-religiose.
Sul fronte dei diritti LGBTQI+, nulla si è mosso in campagna elettorale. Gli attivisti queer del Paese guardano con timore al futuro presidente, perché apparentemente senza via d’uscita da una realtà che vede l’omotransfobia istituzionale all’ordine del giorno.
“Come queer nigeriano, mi intristisce l’idea che non possa vivere appieno la mia realtà“, ha confessato il giornalista Bolaji a LGBTQ Nation. “È così deprimente. Sono sempre consapevole dei rischi per la mia sicurezza, perché è davvero pericoloso. Ogni giorno vivo la mia vita sperando che le situazioni possano cambiare e che le cose possano andare meglio di come sono”.
Una legge del 2014 non criminalizza soltanto il matrimonio egualitario, ma anche i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, le manifestazioni pubbliche d’affetto, la convivenza tra persone dello stesso sesso, le associazioni LGBTIQ+, i locali gay. Essere persone LGBTQI+ in Nigeria è semplicemente illegale.
“La Nigeria, da dopo la sua indipendenza, è stata sulle montagne russe della decadenza politica ed economica“, ha detto il regista Wapah Ezeigwe a LGBTQ Nation. “Molte cose da risolvere sono ancora sul tavolo, e una di queste riguarda sicuramente le vite queer. Ma quando parliamo di apatia politica, per me, è qualcosa che deriva da una lunga storia di continui fallimenti politici, di disordine economico, di politica governativa sconsiderata che ha portato a un sistema oppresso che ha lasciato molti cittadini traumatizzati, soprattutto tra le persone queer”
Nel 2020 era esplosa la protesta della comunità con i cartelli #QueerLivesMatter e #EndHomophobiainNigeria, rispetto alla polizia e alla brutalità degli agenti nei confrotni delle persone LGBTQI+. Ma quella che era iniziata come una rivolta di piazza si è tramutata in un’ulteriore opportunità per attaccare i manifestanti queer. L’odio online è esploso. Gli attivisti queer sono stati vittime di cyberbullismo e doxxing, fornendo a chiunque i loro indirizzi di casa. È stata una delle più devastanti manifestazioni pubbliche di omofobia nel paese.
Nel luglio 2022 è emerso un vecchio video di Yusuf Datti Baba-Ahmed, candidato alla vicepresidenza del partito laburista, che proponeva con veemenza la pena di morte per tutte le persone queer. Ahmed Datti è il vice del candidato Peter Obi, che ha poi così provato a metterci una pezza: “Quel video è del 2014 e dal 2014 ad oggi sono passati circa otto anni. Io sono tollerante nei confronti delle opinioni delle persone e del loro stile di vita. Questo sono io. Finché non va ad influire sui miei interessi“.
“Non credo che Peter Obi darà mai la priorità alle vite queer”, ha concluso Wapah, “per quanto possa essere visto come una persona affidabile che possa cambiare la situazione del paese. Sebbene abbia affermato di essere tollerante nei confronti dello stile di vita delle persone queer, non è comunque rassicurante perché usare parole come “stile di vita” può risultare offensivo. Dimostra che ha una conoscenza di base dell’identità universale“.
“Onestamente, mi auguro un’elezione libera ed equa“, ha continuato Bolaji. “un’elezione senza atti vandalici. Spero davvero che Peter Obi vinca perché è l’unico candidato che possa salvare il Paese dalla rovina“.
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