Il racconto video direttamente dalle parole di Valentina a fine articolo ↓
A seguito del grave episodio di transfobia accaduto lo scorso giovedì nel Liceo Marco Polo di Venezia, quando una prof di arti pittoriche ha tradito il proprio ruolo istituzionale insultando una studentessa, chiamandola con il suo dead name e rivolgendosi a lei con declinazioni dispregiativamente maschili, Gay.it ha raggiunto Valentina, la ragazza vittima.
Prima di chiedere a Valentina di raccontare tutto per filo e per segno, abbiamo avuto un lunghissimo colloquio telefonico con lei. Valentina ha 19 anni e vive apparentemente in modo sereno la propria condizione, grazie anche al supporto della famiglia, sia della madre con la quale Valentina vive, sia del padre che si è separato da sua moglie, sia della sorella grande, sposata con due figli.
“Mia sorella mi ha detto – Devi denunciarla a quella” mi spiega Valentina al telefono. “Ma io non lo farò, voglio essere diversa dalla prof, penso che lei abbia capito. E spero piuttosto che questa professoressa non insegni più a nessuno studente. Anche mia madre mi chiede se voglio denunciarla, ma io no, non voglio”.
Valentina frequenta il serale del Liceo Artistico Marco Polo. Mi racconta che quattro anni fa frequentava in regola il diurno, e aveva bisogno di una prof di sostegno. All’epoca la professoressa di sostegno che la aiutava nelle sue difficoltà – era il periodo in cui Valentina maturava la presa di coscienza della propria identità – era proprio la stessa prof che l’altro giorno l’ha insultata.
Valentina ha perso due anni di scuola durante i quali ha compiuto la propria affermazione di genere. Così si è riscritta al serale dello stesso Marco Polo, serale presso cui ora quella prof insegna arti pittoriche. “Era già da un po’ che la professoressa aveva un atteggiamento ostile nei miei confronti” mi racconta con la voce combattuta tra la rabbia e l’umiliazione.
Valentina, cosa è accaduto quando sei arrivata in classe con dieci minuti di ritardo?
Sì sono arrivata in ritardo, e ammetto che capita spesso. L’aula era divisa in due parti da una tenda, dietro la quale c’era la modella nuda (lezione di arti pittoriche ndr). Allora ho spostato la tenda, ma non sapevo ci fosse la modella. La prof ha iniziato a sbraitare gridando “Intanto la tenda la sposti più delicatamente e si dice buonasera quando entri in classe”. Io avevo il fiato affaticato perché avevo fatto le scale e le ho detto – alzando anche io la voce – “Prof, comunque vorrei parlarle”. A quel punto lei ha iniziato a usare il mio dead name, io ti chiamo ****, il nome è un problema tuo, non mio” e cose così.
A quel punto le ho detto: “Prof, la puoi smettere?” insomma ho smesso di darle del lei. E lei ha risposto: “Smettila lo dici a tua madre, perché sei arrivatO in ritardo *****?” (usando il maschile e continuando a ripetere il mio dead name).
E poi?
A quel punto sono andata via dicendo “Cazzi miei, str*nza” devo dire che le ho detto un bel po’ di cose anche io.
Ti senti una persona esuberante (non c’è nulla di sbagliato)? Com’è il rapporto con la tua famiglia?
Sì certo, sono una persona esuberante. Con i miei ho un ottimo rapporto, mi hanno supportato sempre e mi supportano tuttora.
Quando sei uscita dall’aula la prima volta piangendo, cosa hai fatto a quel punto?
Ne ho parlato con la prof di filosofia che è anche coordinatrice di classe, lei è stata di supporto e mi ha detto che forse non era il caso di ingigantire le cose.
Cosa è accaduto quando sei tornata in classe?
Quando sono tornata in classe la prof ha detto “Non sei cambiatO” e poi “Non accetti il tuo nome ed è un problema tuo e non mio ” e ancora “Non accetti la tua condizione”.
Allora io le ho risposto “Stai dando esempio di omofobia, transfobia” e a quel punto la professoressa si è irritata e ha detto “Io non sono omofoba e transfobica, mi sento offesa per quello che hai detto”.
Io mi allontanavo, e la prof si avvicinava e mi guardava negli occhi mentre mi parlava al maschile usando il mio dead name. E ha voluto che davanti a tutti leggessi le regole del diurno, per sottolineare che tre ritardi brevi significano una nota – infatti mi ha messo una nota, ma l’ha messa con il mio nome Valentina Tamiso – e mentre leggevo le regole ad alta voce mi diceva “bravo bravo + dead name”. Tra l’altro, le regole che mi ha chiesto di leggere erano quelle del diurno, mentre io vado al serale… insomma si stava arrampicando sugli specchi. Fatto sta che mentre leggevo, lei sottolineava continuamente i passaggi sul rispetto che gli studenti devono alla scuola, al personale scolastico, ai professori… allora a quel punto io ho sottolineato, con il tono di voce, il passaggio in cui si dice: “Il rispetto deve partire dai professori che devono dare l’esempio”.
Hai trovato solidarietà dai tuoi compagni?
Assolutamente sì, in classe di alcune compagne, non tutte. Mentre fuori ho trovato totale supporto, grazie al collettivo scolastico che mi è stata subito accanto e ha fatto sentire la sua voce. Vorrei sottolineare che il Liceo Marco Polo ha adottato da tempo la carriera alias ed è sempre stato un liceo aperto alle diversità.
La prof la rivedrai? Come ti stai comportando con la scuola?
La prof finora si è data sempre assente, sia l’indomani, sia nelle successive due lezioni. Io vorrei che lei smettesse di insegnare, perché immagino quanto male potrebbe fare a dei ragazzi più giovani. Ma non la denuncerò. Mia sorella mi ha detto “Devi denunciarla”, ma io non lo farò, voglio essere diversa dalla prof, penso che lei abbia capito. E spero piuttosto che questa professoressa non insegni più a nessuno. Anche mia madre mi chiede se voglio denunciarla, ma io no, non voglio”.
Il Liceo Marco Polo è famoso per la sua vocazione progressista e sperimentale: come è accaduto un episodio così?
Non c’entra il Liceo, il problema è la prof. Anche se esiste la carriera alias, questa prof ha una mentalità di pregiudizi atroci, questa è la verità.
Come si chiama questa professoressa?
Si chiama ****** ****** ma ti chiedo di non pubblicare il suo nome, non voglio. Lei ha sbagliato e io vorrei che la prof capisse che il suo è stato un comportamento profondamente transfobico, spero che si renda conto che le sue parole sono armi che fanno male… ma non voglio fare con lei come lei ha fatto con me”.
Un’ultima richiesta: sarebbe molto efficace per tutt* e di grande incoraggiamento per tante persone trans* se tu volessi raccontare quanto accaduto in prima persona, mettendo il tuo volto in un video che pubblichiamo sui social. Saresti di incoraggiamento a quelle tante persone che non trovano il coraggio di opporsi ai soprusi. Ti andrebbe di raccontare tutto nuovamente in video?
Sì, lo farò. Ti dispiace se lo faccio stasera e te lo mando domattina?
Qui di seguito la testimonianza video di Valentina
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