Alla vigilia del mondiale di calcio più chiacchierato e contestato di sempre, che inizierà domani in Qatar con la partita inaugurale Qatar-Ecuador, è arrivato il coming out di Bryan Swanson, direttore della comunicazione FIFA. Ex giornalista Sky Sport, Swanson ha provato a stemperare le polemiche degli ultimi mesi legate all’omotransfobia qatariota dichiarando la propria omosessualità in conferenza stampa.
“Sono seduto qui, in una posizione privilegiata, su un palcoscenico globale, come uomo gay qui in Qatar. Abbiamo ricevuto rassicurazioni che tutti saranno i benvenuti in questa Coppa del mondo. Solo perché Infantino non è gay, non significa che non gli importi dei gay. Gli importa eccome. Siamo un’organizzazione inclusiva. Ho un certo numero di colleghi gay e vi dico che ci sarà rispetto per tutti”.
Parole che arrivano ad una settimana dalla folle uscita dell’ambasciatore dei mondiali qatarioti Khalid Salman, che aveva definito l’omosessualità “un danno mentale”. In Qatar, va ricordato, l’omosessualità è illegale, punibile fino a 7 anni di carcere.
Gianni Infantino, presidente FIFA, è da settimane nell’occhio del ciclone a causa di un mondiale organizzato in un Paese che quotidianamente calpesta i diritti. “Oggi ho belle sensazioni“, ha detto Infantino. “Mi sento Qatari, africano, arabo, migrante, gay. Sono un figlio di lavoratori migranti. I miei genitori hanno lavorato molto duramente e in difficili condizioni. Ricordo come gli immigrati venivano trattati alle frontiere, quando volevano le cure mediche. Quando sono diventato presidente della Fifa, ho voluto vedere qui le sistemazioni dei lavoratori stranieri e sono tornato alla mia infanzia. Ma come la Svizzera a poco a poco è diventata un esempio di integrazione, così sarà per il Qatar“.
Peccato che in Qatar siano morti migliaia e migliaia di lavoratori, per costruire in pochi anni gli stadi necessari per ospitare il mondiale di calcio. Lavoratori sfruttati, schiavizzati, costretti a lavorare in condizioni disumane. “Naturalmente io non sono Qatari, arabo, migrante, gay, disabile“, ha ribadito Infantino, figlio di italiani emigrati. “Ma so che cosa voglia dire essere discriminato, so che cosa vuole dire essere straniero in un Paese straniero. Da bambino mi bullizzavano perché avevo i capelli rossi, perché ero italiano e non parlavo bene il tedesco. Ma tu accetti la sfida, provi a farti degli amici, nuovi contatti, non rispondi all’insulto con l’insulto. Oggo sono orgoglioso della Fifa, di questo marchio sulla giacca, di questo Mondiale, che sarà un bellissimo evento, il più bello che ci sia mai stato“.
Infantino ha provato a ‘difendere’ l’organizzazione qatariota, anche sul fronte lavoratori immigrati sfruttati. “Se facciamo due passi indietro, il Qatar offre possibilità a centinaia di migliaia di immigrati e lo fa in maniera legale. Noi in Europa chiudiamo le frontiere, creiamo stranieri illegali: Per cercare di venire in Europa sono morte 26 mila persone. L’Europa dovrebbe fare come il Qatar, creare condizioni legali per i lavoratori stranieri. Certo, le riforme hanno bisogno di tempo, di anni e anni. Ma chi è qui in Qatar, da lavoratore straniero, lo è in maniera legale e ha tutta l’assistenza, anche sanitaria. In Qatar ognuno è benvenuto di qualunque religione, di qualunque orientamento sessuale sia. Il Mondiale è una straordinaria occasioni di avvicinare il mondo occidentale al mondo arabo. Abbiamo una storia diversa, veniamo da culture diverse, ma facciamo parte dello stesso mondo“.
A detta di Infantino, la comunità LGBTQI+ sarà “accolta senza discriminazioni, nonostante le leggi che criminalizzano i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Per quello che noi europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni dovremmo scusarci per i prossimi 3.000 anni, prima di dare lezioni morali agli altri. Queste lezioni morali sono solo ipocrisia“.
Peccato che nel Qatar di oggi, e non in quello di 3000 anni fa, le persone omosessuali siano considerate malate, criminali, con pene che arrivano fino alla pena di morte. Nessuna morale da parte di nessuno, ma con quale senso del pudore si può difendere l’indifendibile? Basterebbe chiedere scusa per aver assegnato la più ricca e seguita competizione sportiva al mondo dopo le Olimpiadi ad un Paese orgogliosamente omotransfobico, dichiaratamente discriminatorio nei confronti delle donne. È dal 2010, anno della folle assegnazione (a scapito di USA, Australia, Giappone e Corea del Sud), che si grida allo scandalo. 12 anni dopo, nulla è cambiato.
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