Pochi giorni ancora al via del mondiale di calcio che si terrà in Qatar, Paese dove l’omosessualità è ancora oggi illegale, con condanne che vanno dai 7 anni di carcere alla pena di morte. La FIFA è da mesi nell’occhio del ciclone per aver affidato la più celebre e attesa competizione sportiva al mondo dopo le Olimpiadi ad un Paese che quotidianamente calpesta i diritti, con le principali associazioni LGBTQI+ italiane che si sono appellate alla FIGC, lanciando una petizione per chiedere al nostro calcio di seguire gli altri Paesi europei, aderendo alla campagna “One Love” e impegnandosi per l’inclusione delle persone LGBTQI+ nello sport.
Una nota condivisa da Arcigay e Gaynet con il sostegno delle realtà sportive Pride Sport Milano, Lupi Roma Outsport, Pochos Napoli, Polisportiva Revolution, Pegasus Sporting Club SSD e l’adesione di Circolo Mario Mieli, Famiglie Arcobaleno, Polis Aperta, Omphalos LGBTI, I Sentinelli di Milano, EDGE, ARCO, Quore, La tenda di Gionata, CGIL Ufficio Nuovi Diritti, Cammini di Speranza, Rete Genitori Rainbow, Agapanto, ALFI, NUDI, Gender X, TGenus, CEST, Gruppo Trans APS, Pride Vesuvio Rainbow.
D’altronde le ultime folli dichiarazioni dell’ambasciatore Khalid Salman (“l’omosessualità è un danno mentale”) hanno riacceso i fari sull’omotranfobia qatariota, mettendo a rischio la partecipazione delle persone LGBTQI+. “Tutto questo è semplicemente contro lo sport”, hanno tuonato le associazioni LGBTQI+ italiane, che hanno così chiesto alla FIGC e al CONI di aderire alla campagna ‘ONELOVE’ e di aprire al più presto un tavolo di lavoro con le associazioni e gli Enti di Promozione Sportiva per la sensibilizzazione contro le discriminazioni nello sport e attraverso lo sport.
Secondo una ricerca Outsport del 2019, in Europa il calcio è in assoluto lo sport che viene più abbandonato per via dell’orientamento sessuale, mentre il 41% delle persone LGBTQI+ che fanno sport in Italia rimane non dichiarato nei contesti sportivi (la media UE è del 32%) e solo 1 su 3 è “quasi del tutto aperto” nel proprio ambiente sportivo (29% rispetto alla media UE del 36%). La federcalcio tedesca ha recentemente organizzato una conferenza sui diritti umani nello sport in cui il rappresentante dell’associazione nazionale dei tifosi “Unsere Kurve” ha fatto coming out di fronte all’ambasciatore del Qatar in Germania, dicendo chiaramente che chi vuole far parte della comunità calcistica mondiale deve abolire ogni forma di discriminazione per le persone LGBTQI+.
Nel corso dei mondiali che partiranno domenica, 10 capitani scenderanno in campo con la fascia rainbow della campagna “One Love”, nata in Olanda nel 2020, contro l’omotransfobia nel calcio. Tra i principali campionati d’Europa, ovvero Serie A, Premier League, Bundesliga, Liga e Ligue1, non esiste un calciatore dichiaratamente omosessuale. Non ce n’è neanche uno nemmeno nei campionati minori. Josh Cavallo, che ha fatto coming out un anno fa, gioca in Australia. Jack Daniels, 17enne che ha fatto coming out pochi mesi fa, gioca nella Serie B inglese. Zander Murray, che ha fatto coming out a metà settembre, gioca tra i semiprofessionisti in Scozia.
Eppure secondo lo studio ‘Big Count 2006’, pubblicato dalla FIFA nel 2007, in tutto il mondo ci sono 265 milioni di persone (in entrambi i generi di competizione) che praticano il calcio. Se consideriamo che la popolazione LGB oscilla tra il 5% e il 10%, le persone omosessuali e bisessuali che giocano a calcio dovrebbero essere tra i 13 e i 26 milioni. La stragrande maggioranza di loro è discriminata e vive nel silenzio.
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