Nel 2000, la Corte Europea per i Diritti Umani ha sciolto il divieto per le persone LGBTQ+ di arruolarsi nell’esercito. Nel Regno Unito, l’omosessualità è stata parzialmente discriminata negli ambienti militari fino al 1967, anno in cui il divieto entrò in vigore e per decenni i soldati che difendevano il Paese non potevano essere interni alla comunità LGBTQIA+. Per poter servire dovevano nascondere a tutti il proprio orientamento sessuale.
Per questo motivo, quest’anno al Remembrance Sunday che si tiene al Cenotaph a Londra, un gruppo formato da 24 veterani LGBTQIA+ ha partecipato per la prima volta alla cerimonia e, di fronte al monumento che ricorda i soldati caduti in guerra, sono stati ricordati anche tutti coloro che sono morti nascondendo la propria sessualità. Il tutto grazie a Fighting With Pride, la prima organizzazione – unica nel suo genere – che difende i diritti e la memoria dei soldati queer. L’evento, riconosciuto dalla Royal British Region, non è stata cosa da poco, visto che per molto tempo i veterani LGBTQIA+ sono stati considerati alla stregua dei criminali: in molti casi hanno perso la loro casa e, al loro ritorno in patria, sono stati lasciati senza una pensione o un lavoro. Durante il servizio, poi, la minaccia del congedo aleggiava sempre sulle loro teste e, per molti di loro, domenica è stata la prima volta in cui sono stati riconosciuti pubblicamente come membri delle forze armate.
We march with pride.#RemembranceSunday pic.twitter.com/lYAgoUMzhh
— fightingwithpride (@fightingwpride) November 14, 2021
Il provvedimento del 2000 ha permesso alle persone queer in tutta l’Unione Europea di arruolarsi nell’esercito, laddove i singoli Paesi lo vietassero, esattamente come il Regno Unito. In Italia la questione suscita ancora oggi dibattiti. Fino al 2014, il nostro Paese si trovava all’incirca a metà della LGBT Military Index, la classifica che segue la presenza di soldati LGBTQIA+ nel mondo. Per molto tempo la presenza di persone appartenenti alla comunità nelle forze armate è stata una questione su cui si sorvolava: per i più non esistevano e, quei pochi che facevano sentire la propria voce, venivano bollati come “disturbati”.
Anche negli Stati Uniti tra l’amministrazione Obama e quella Biden le cose sono migliorate – fatta eccezione per la parentesi Trump, la cui amministrazione aveva fatto arretrare di molto i diritti dei soldati queer. Dal 1994 al 2011 vigeva la legge Don’t Ask, Don’t Tell, le persone LGBTQ+ dovevano tenere nascosto il proprio orientamento sessuale e gli altri non potevano fare loro domande a riguardo. Prima, le forze armate avevano la possibilità di aprire investigazioni su possibili soldati sospettati di essere omosessuali. Don’t Ask, Don’t Tell è stata sollevata nel 2011. Sono stati però in tutto 100,000 i veterani LGBTQ+ congedati semplicemente perché LGBTQIA+.
Il Remembrance Sunday di quest’anno è un avvenimento storico che riconosce ufficialmente il servizio di quei veterani dimenticati e mai riconosciuti veramente come tali. I portavoce dell’Ufficio per i Veterani ha però sottolineato come: «Stiamo ancora lavorando per capire fino in fondo e riconoscere gli effetti del divieto antecedente al 2000 sull’omosessualità nelle forze armate e, dove è appropriato, per agire di conseguenza».
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