È breve, semplice nel suo orrore il video pubblicato ieri sull’Espresso – nell’ambito dell’inchiesta sulla situazione per la comunità LGBTQIA+ in Cecenia condotta da Simone Alliva. Bastano 34 secondi e poche parole per comprendere il baratro in cui è precipitato Rizvan, protagonista a suo malgrado del video shock.
La polizia lo sta interrogando, gli chiede nome e cognome, e subito viene da chiedersi quale orrendo crimine il ragazzo abbia commesso per essere arrestato e filmato. Poi arriva la domanda: “Perché sei in arresto?”. “Volevo incontrare un ragazzo. Volevo fare sesso con lui”.
Si tratta di un video recente, del 25 luglio, emerso grazie alla leggerezza con cui uno degli agenti di polizia lo ha condiviso su i vari gruppi Telegram vantandosi di “averne catturato uno”. Ma la situazione, qui, è la stessa dal 2017.
Ma non è tanto il contenuto in sé che spaventa, quanto il pensare a cosa probabilmente succederà a Rizvan dopo l’arresto. In Cecenia, la comunità LGBTQIA+ subisce una persecuzione spietata: torture, sparizioni, omicidi sono all’ordine del giorno per chi viene “scoperto” ad avere un orientamento sessuale o un’identità di genere che non si sposa con i canoni imposti dalla morale pubblica.
Rizvan appare terrorizzato, consapevole di ciò che potrebbe accadergli. E la cosa più sconcertante è che non si hanno più sue notizie da quel fatidico 25 luglio, né notizie degli altri due uomini arrestati dalla polizia utilizzando proprio Rizvan come esca.
Perché è così che funziona: le persone LGBTQIA+ vengono attirate tramite escamotage, arrestate, torturate in prigioni segrete e spesso, una volta estorte le informazioni necessarie, uccise. I metodi per “far parlare” i prigionieri sono indicibili, non degni di un paese civile.
Tutto fa parte della “zaciska”, la “pulizia”, una pratica utilizzata in Russia e che si propone di eliminare tutto ciò che è diverso – e quindi sbagliato – dalla faccia della terra, a suon di spedizioni punitive, sequestri, metodi non convenzionali e non riconosciuti in paesi democratici.
Un secondo video mostra i poliziotti controllare i contenuti del cellulare di Rizvan mentre lui è in piedi, le mani dietro la schiena, in attesa della sua sentenza. La sua vita, è nelle mani di quei poliziotti che in quel momento lo scherniscono, e gli chiedono di “Invitare i suoi amici omosessuali”.
Rizvan cede, accetta, auspicandosi una clemenza che probabilmente non arriverà. Le conversazioni trovare sul suo profilo VK – il social network russo – permettono ai poliziotti d’individuare altre possibili “prede”: sarà proprio Rizvan ad attirarle da loro.
Dopodichè, il buio totale: non possiamo sapere cosa sia successo dopo, ma possiamo immaginarlo.
“Rizvan non ha una famiglia che lo cerca, perché in Cecenia nessuno dei familiari vuole sapere dove si trova il proprio figlio se gay” – spiega l’addetto stampa di Crisis Group NC SOS, Miron Rozanov – “Nel 2022 abbiamo ricevuto 43 richieste di aiuto da persone che erano in pericolo di vita. Le abbiamo aiutate, portate fuori dalla Russia e dato loro aiuto psicologico e finanziario“.
Crisis Group NC SOS è l’unica associazione a tutela della comunità LGBTQIA+: opera nel Caucaso del Nord – e quindi anche in Cecenia. Lavora nell’ombra, aiutando le persone più vulnerabili alla violenza istituzionalizzata a fuggire in paesi più tolleranti.
Perché qui, la persecuzione è una questione di stato, e come tale ha un freddo e rigido protocollo d’azione, tristemente efficace. Quando una persona viene catturata, viene torturata e minacciata fino a costringerla a collaborare con la polizia per organizzare finti incontri e adescare altre potenziali vittime. Rifiutare significa morire, o, nel migliore dei casi, ricevere l’ergastolo nelle prigioni russe.
“Vengono prodotti dei falsi reati che portano queste persone all’ergastolo. Molti sono stati restituiti alle proprie famiglie affidandosi all’arma classica, antica e brutale del delitto d’onore. Ai genitori la polizia cecena chiede di firmare un modulo: ‘Mio figlio / fratello (nome) ha lasciato la repubblica per lavorare a Mosca alla fine di febbraio. Reclami alla polizia cecena non ha’“.
Per quanto le associazioni che tentano di combattere il fenomeno ci provino, si trovano davanti un ostacolo insormontabile: il silenzio e l’omertà delle stesse autorità. La polizia è complice, quindi non ha alcun interesse a indagare sulle sparizioni.
Dal 2017, NC SOS ha ricevuto 614 richieste d’aiuto, ed è riuscita a salvare 343 persone facendole fuggire dalla Cecenia. Solo 274 di esse sono però riuscite a ottenere l’asilo politico. Ed è proprio con queste evidenze che, Miron Rozanov, chiede l’aiuto dell’Europa.
“Speriamo che la politica internazionale e le organizzazioni possano indagare su questo inferno, perché certo non possiamo contare sulla Russia. Almeno potrebbero aiutarci a rendere più facili le evacuazioni delle persone Lgbt dalla Cecenia”.
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