No al linguaggio inclusivo per la parità di genere in Senato, grazie a Fratelli d’Italia e Casellati

Secondo il partito di Meloni la parità di genere è una questione etica e di coscienza. Così è scattato il voto segreto.

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Il Senato ha bocciato l’emendamento che chiedeva linguaggio inclusivo per la parità di genere nelle comunicazioni ufficiali. Ecco cosa diceva il testo:

“Il Consiglio di presidenza stabilisce i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne”

La norma specificava anche che spetta alla Giunta per il Regolamento formulare proposte per l’adeguamento del testo.

Può sembrare una formalità da poco, ma c’è molto di più nella bocciatura di un linguaggio di parità di genere da usare nei documenti ufficiali del Senato.

  1. C’è che il Senato non userà un linguaggio paritario di genere per le donne e dunque la seconda istituzione più alta della Repubblica rifiuta di dare alle donne pari trattamento formale nelle comunicazioni.
  2. C’è che nelle istituzioni la forma è sostanza.
  3. C’è che Fratelli d’Italia ha mostrato, insieme alla Presidente Casellati (Forza Italia) di cosa è capace questa destra quando riesce ad avere i numeri dalla propria parte.
  4. C’è che questa destra ha utilizzato lo scrutinio segreto adducendo la motivazione più codarda e pelosa. Secondo questa destra, richiedere un pari trattamento di linguaggio per le donne nelle comunicazioni del Senato, è un tema etico e quindi i senatori che hanno votato, hanno avuto diritto al voto segreto, per votare secondo coscienza. E non doverne rispondere pubblicamente, in quanto “voto di coscienza”.

Sono gli ultimi rantoli feroci di una bestia ferita a morte, il Senato di un Parlamento che la storia saprà giudicare. Parlamento che, quando fu eletto nel 2018 – vale la pena ricordarlo per onestà intellettuale – era per metà composto da M5S e Lega Salvini. Ma ecco i fatti di oggi.

Il Senato ha respinto un emendamento che chiedeva di adottare un linguaggio inclusivo in tutte le comunicazioni di Palazzo Madama. Dopo l’affossamento del Ddl Zan (qui il nostro primo articolo pochi minuti dopo l’affossamento), e dopo l’indimenticabile umiliazione di senatori che applaudono al respingimento di una legge di protezione dall’odio (qui un triste video), il voto di oggi ha deciso che il linguaggio ufficiale del Senato non osserverà la parità di genere. L’Aula ha respinto l’emendamento a prima firma Alessandra Maiorino (M5S), ma decisivo è stato il voto segreto, richiesto da Fratelli d’Italia, che aveva annusato la possibilità che mancassero i numeri per la maggioranza assolut. Così molti senatori hanno potuto votare no, senza metterci la faccia.

I voti favorevoli sono stati 152. Quelli contrari 60. Gli astenuti 15. Ma la maggioranza assoluta necessaria per approvare l’emendamento non è stata raggiunta.

Ed è stata appunto Fratelli d’Italia a chiedere lo scrutinio segreto nel voto, richiesta che ha sollevato polemiche per la pretestuosa idea che adottare un linguaggio inclusivo sia una questione etica e di coscienza.

A quel punto molti gruppi di senatori hanno protestato, chiedendo che il voto venisse ripetuto una seconda volta. Ma la Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia, tocca sottolineare), ha mostrato il pugno duro della destra decisionista e ha rigettato qualsiasi ipotesi di seconda votazione: “A me sembrano tutte cose considerazioni pretestuose – spiegato Casellati – Bisogna accettare che in Parlamento non si rifà una votazione perché il risultato non piace. Questa è una cosa inaccettabile”.

La senatrice PD Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio, ha accusato Meloni e il suo partito di sostanziale misoginia velata:

“Fratelli d’Italia, con la complicità di gran parte della destra, ha manifestato cosa pensa del ruolo delle donne nella società, chiedendo il voto segreto sull’emendamento che avrebbe consentito di utilizzare la differenza di genere nel linguaggio ufficiale di un’istituzione importante come Palazzo Madama. I nodi vengono al pettine. Il linguaggio è un fattore fondamentale di parità. Verbalizzare la differenza vuol dire riconoscerla, negarla vuol dire chiedere alle donne l’omologazione a modelli maschili. Il ruolo declinato al maschile non è neutro, è semplicemente maschile e nega la differenza. Impedire alle donne di essere riconosciute nel ruolo per quello che sono vuol dire continuare a concepire quei ruoli e quelle funzioni come qualcosa unicamente appannaggio degli uomini, e presentarli come neutri è sbagliato oltre che furbesco. Il tema non si è mai posto per maestra o infermiera, chiediamoci perché si pone per parlamentare o presidente. Negare questo passo di civiltà e di progresso a una delle più importanti istituzioni del paese racconta molto dei rischi che una cultura reazionaria può innescare.”

Maiorino del M5S, prima firmataria dell’emendamento, insieme agli altri parlamentari del gruppo Pari opportunità ha attaccato la destra: “Al Senato oggi si è persa una grande occasione per rendere inclusivo e paritario il linguaggio istituzionale con la mancata approvazione dell’emendamento Maiorino al regolamento che aveva lo scopo di aprire all’uso della distinzione di genere nel linguaggio delle comunicazioni istituzionali e nel Regolamento. FdI lo ha ritenuto una questione ‘etica e di coscienza’, chiedendo il voto segreto che la presidente Casellati ha prontamente concesso. È evidente la misoginia di chi ha votato contro rifiutando l’utilizzo del femminile e confermando così l’imposizione del solo maschile. Una vergogna a cui si dovrà porre rimedio nella prossima legislatura”.

Per Monica Cirinnà si tratta di un’anticipazione di come la destra potrebbe gestire la prossima legislatura, qualora vincesse le elezioni. “Se questo è l’anticipo del nuovo Parlamento – ha scritto Cirinnà, responsabile Diritti del Pd, su Twitter – abbiamo un motivo in più per lottare con forza. La nostra Italia crede nell’eguaglianza”.

Laura Boldrini, deputata del Partito Democratico, nonché presidente del comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, ha accusato Fratelli d’Italia di colpi bassi: “Oggi un altro colpo basso inferto alle donne: mettere al bando l’uso del genere femminile quando si tratta di ruoli apicali, vuol dire fare una ulteriore discriminazione ai danni delle donne”.

(gf)

 

 

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