Due donne che si stringono la mano in metropolitana, guardandosi teneramente con occhi che sorridono, traboccanti felicità e amore. Ma c’è un uomo, davanti a loro, che le osserva con odio, disprezzo, inducendole a sciogliere quel legame fisico. Ma a sorpresa un’altra donna, anziana, accanto ad una delle due ragazze, le prende la mano, sfidando quell’uomo che trasuda odio, creando così una catena umana di mani che si stringono, contro ogni discriminazione.
È uno spot potentissimo quello creato da Kaos GL, ovvero una delle più importanti organizzazioni turche per la difesa dei diritti LGBTQIA+, per celebrare il proprio ventinovesimo anniversario e contestare il governo Recep Tayyip Erdoğan, sempre più dichiaratamente omobitransfobico. Non a caso lo spot è finito al centro di polemiche furenti.
La società che gestisce la metro di Istanbul è stata attaccata duramente, perché ha “consentito” le riprese all’interno di un proprio vagone. Gli attori che hanno partecipato allo spot sono stati minacciati di morte, così come il regista, gli autori e i produttori. La Kaos Gl, evidentemente spaventata da tanta violenza, ha cancellato il proprio spot dai propri canali social.
“Continueremo a tendere la mano; sappiamo che quella mano non rimarrà sospesa”. “Uniamo le mani contro la discriminazione, oppressione, violenza e odio“, hanno commentato sui social, con la consapevolezza di aver toccato un nervo più che scoperto all’interno della società turca, con i Pride vietati dal 2015 e ogni estate repressi dalla polizia con la forza. Fresco di rielezione presidenziale, Recep Tayyip Erdogan alimenta da anni l’omobitransfobia istituzionale.
Diventato primo ministro del Paese nel 2003, rimanendo in carica per 10 anni, è stato eletto presidente nel 2014, riportando indietro di decenni il Paese sul fronte dei di diritti umani, come denunciato da Human Rights Watch. Le sue opinioni sulle persone LGBTQ+ sono ben documentate. Vinto il ballottaggio è tornato a minacciare la comunità LGBTQIA+, annunciando che “strangoleremo chiunque osi toccare la famiglia”. Tradizionale, ovviamente. Lo scorso 7 maggio, in un comizio elettorale, ha affermato che il suo Partito non sarà “mai pro-LGBT, perché la famiglia per noi è sacra”. Nel 2022 ha definito i “diritti LGBTQIA una degenerazione“. Per il suo ministro dell’interno, Souly, la comunità LGBTQ+ è “terrorismo culturale” dell’Occidente.
Nel 2020 usò parole al veleno nei confronti della comunità, accusando le persone LGBTQ+ di “attaccare i nostri valori nazionali e spirituali” e di “cercare di avvelenare i giovani”.Il presidente ha poi etichettato i giovani queer come “vandali“, invitando le persone a “prendere posizione contro coloro che mostrano qualsiasi tipo di perversione proibita da Dio, che esibiscono tutti i tipi di eresia che il nostro signore ha proibito e coloro che li sostengono“.
In Turchia l’omosessualità è legale ma le unioni omosessuali e l’adozione non sono riconosciute, la terapia di conversione non è vietata e i Pride sono puntualmente censurati dallo stato. Recep Tayyip Erdogan, che l’ex premier Mario Draghi definì senza mezzi termini “un dittatore”, rimarrà presidente della Turchia per altri 5 anni.
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