Dopo lo spropositato attacco della CEI, che ha millantato il rischio di ‘derive liberticide’ nei confronti della legge contro l’OmoTransfobia, Monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia, è stato ancor più menzognero nell’attaccare il DDL attualmente in discussione.
Direttamente dal sito della sua diocesi, Suetta ha definito questa legge ‘non necessaria’, anche dal punto di vista dell’emergenza sociale dei “cosiddetti hate crimes”, perché a suo dire i “dati del Ministero dell’ Interno, rilevati dall’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), rilevano la bassissima incidenza (tra il 2010 e il 2018 le discriminazioni per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere sono 212, pari cioè a 26,5 segnalazioni all’anno)”. Un insulto al buonsenso, perché non essendoci una legge ad hoc molte denunce finiscono in un limbo, e alla cronaca italiana, che vede decine e decine di episodi pubblicamente denunciati ogni anno. Numeri che sono solo la punta di un iceberg, vista l’enorme quantità di attacchi fisici e verbali mai denunciati, taciuti per vergogna e/o paura.
“Pur nella convinzione che anche un solo gesto è degno di essere condannato e stigmatizzato, mi pare tuttavia evidente che non emerga una situazione di emergenza sociale o di diffuso sentimento discriminatorio, tale da giustificare una legge speciale“, continua senza vergogna il vescovo, che ha poi definito questa legge come ‘pericolosa’.
A queste considerazioni, si aggiunge invece il rischio, assai più concreto e pericoloso che deriva dall’approvazione di una legge di questo tipo, la quale introdurrebbe nel sistema normativo uno squilibrio nel rapporto tra la libertà di opinione e il rispetto della dignità umana, che può dar luogo a derive liberticide. Si dice, infatti, che la nuova invocata legge dovrà punire “l’ istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni”. Ma il problema sta proprio nell’ individuare la differenza tra una opinione e una reale discriminazione, il che verrebbe affidato ad una serie di valutazioni in capo ad un giudice, tenuto conto delle “condizioni di tempo e di luogo con le quali si manifesterà il messaggio, dalle modalità di estrinsecazione del pensiero, da precedenti condotte dell’ autore e così via, in modo da verificare se il fatto si possa ritenere realmente offensivo del bene giuridico protetto”. Come hanno evidenziato osservatori attenti, questa impostazione permetterebbe tranquillamente che un genitore, un vescovo, un parroco, un catechista, che nell’ adempimento della loro naturale missione, abbiano esposto secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni una valutazione educativa circa determinate condotte o promozioni di costume, possano essere sottoposti a un procedimento penale, in cui sarà da dimostrare che l’ opinione o intervento formativo non conteneva in sé intento discriminatorio, per stabilire di volta in volta se sia stato superato il confine fra “opinione” e discriminazione. La legislazione proposta inciderebbe ancora più gravemente su questioni concernenti la gestione di enti ecclesiastici o di ispirazione cristiana (come, ad esempio, la possibilità di licenziare dipendenti dei predetti enti che tengano nella vita privata un comportamento non conforme alla dottrina, la necessità di evitare ogni espressione o misura organizzativa che distingua gli uomini dalle donne – ad esempio nei bagni o negli spogliatoi, nelle classi scolastiche o anche nelle competizioni sportive – essendo una siffatta distinzione “binaria” contraria al divieto di discriminazione basato sull’ identità di genere). Qui si introduce il tema della verità delle questioni in gioco. Com’ è noto, orientamento sessuale e identità di genere sono al centro di un dibattito che va avanti da molti anni, e non solo in Italia, sulla libertà educativa e sulla famiglia. Si tratta di questioni rispetto alle quali come cristiani dobbiamo conservare e promuovere il diritto ad una diversità e libertà di pensiero.
Peccato che all’interno della legge, come abbondantemente ribadito nelle ultime 48 ore, non ci sarà spazio per il reato di propaganda. Ma Suetta insiste, concludendo con un appello alle forze cattoliche della politica italiana: “Da tempo, e a ragion veduta, si parla infatti, della cosiddetta “dittatura del pensiero unico”. Un modo di sentire “politicamente corretto”, che piace ai media e ai salotti televisivi, ma che dimentica di andare in fondo alla verità delle cose, in nome del relativismo, per il quale ogni opinione può diventare legge. Ma se questo è sotto gli occhi di tutti, mi spaventa ancora di più, come pastore, pensare che articoli stessi del Catechismo e passi della Bibbia possano da un giorno all’ altro diventare perseguibili per legge. Desidero rivolgere, pertanto, un appello accorato a tutti politici cattolici e a coloro che perlomeno si ispirano a principi cristiani, affinché facciano sentire la loro voce e nel dibattito politico in corso rivendichino la libertà di pensiero di tutti e dei cristiani. Non si può accettare infatti che una legge, perseguendo un obiettivo “ideologico”, metta a rischio la possibilità di annunciare con libertà la verità dell’uomo, sia pur con l’ obiettivo di prevenire forme di discriminazione contro le quali, come già ricordato, è sufficiente applicare le disposizioni già in vigore, unitamente ad una seria prevenzione, non necessariamente penale, per scongiurare l’ offesa alla persona, chiunque essa sia”.
Siamo ufficialmente sotto assedio, da più parti. Ecco perché sarà fondamentale scendere in piazza, distanziati e in sicurezza, per dare sostegno a questa legge che tutti noi attendiamo da decenni.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.
Non mi pare che in Italia ci sia un'ondata di persone che devastano le associazioni cattoliche, imbrattano i muri delle scuole scrivendo cattolici di merda, percuotono i condomini cattolici e tuttavia la legge italiana protegge in modo speciale le persone cattoliche, poche o tante che siano, che subiscono atti di questo tipo. La stessa protezione speciale è prevista per chi non è cattolico ma è cmq oggetto di aggressioni per la sua religione, per il colore della pelle, per le idee politiche etc. Le leggi non si devono fare per forza perchè c'è un'urgenza, concesso che non ci sia un'urgenza omofobia, le leggi si fanno perchè sono giuste ed è giusto che chi, come dimostra la storia, è a rischio di gravi discriminazioni, sia protetto.