57.259.504 voti per Luiz Inacio Lula da Silva. 51.072.345 voti per Jair Bolsonaro. Bisogna ripartire da qui, dai voti ricevuti a inizio ottobre, per prepararci al ballottaggio che oggi vedrà il Brasile tornare alle urne. L’ex presidente di sinistra contro l’attuale presidente di destra. Un’elezione quanto mai polarizzata, con Bolsonaro che ha prima fatto sapere che non riconoscerà la sconfitta, soffiando sulle braci di una domenica che potrebbe abbracciare scontri, violenze, sommosse popolari, in perfetto stile trumpiano a fine 2020, per poi cambiare versione e dirsi pronto a riconoscere la vittoria del suo avversario.
I sondaggi della vigilia danno Lula netto vincitore. A detta dell’agenzia Quaest il candidato del Partito dei Lavoratori avrebbe il 48% delle preferenze contro il 42% del presidente uscente. Un altro sondaggio dell’istituto Ipespe vede Lula al 50% contro il 44% di Bolsonaro. Tutti i principali sondaggi danno Lula davanti di un 5% di preferenze.
76enne già presidente del Brasile dal 2003 al 2011, condannato nel 2017 a nove anni e mezzo di prigione per corruzione, da lui sempre negata, per Lula sarebbe la rivincita delle rivincite. Il 7 marzo 2021, dopo aver passato quasi 600 giorni in carcere, è stato prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile. Sconfiggere Bolsonaro significherebbe picconare quell’ultradestra che aveva visto Trump conquistare gli USA.
Ma in 4 anni il presidente ha detto e fatto di tutto. Da quando ha conquistato la poltrona di presidente ha trascinato il Brasile in una gravissima crisi sanitaria, economica, etica, sociale e politica, dando il via alla deforestazione dell’Amazzonia. Orgogliosamente omotransfobico, misogino e razzista, è stato accusato da una commissione del Senato brasiliano di “crimini contro l’umanità” per come ha gestito la pandemia da Coronavirus, spesso e volentieri definita ‘inesistente’ al cospetto delle telecamere. 600.000 i morti “ufficiali” brasiliani, con le immagini delle fosse comuni che in piena pandemia fecero il giro del mondo.
“Basta affrontare il Covid-19 come se fossimo un Paese di fr*ci”, tuonò a fine 2020, dopo aver precisato che non usa mascherine perché “sono da fr*ci“. Precedentemente il presidente del Brasile aveva attaccato l’OMS, perché a suo dire “incoraggia i bambini ad essere gay e a masturbarsi”, dopo aver apostrofato un giornalista nel corso di una conferenza stampa (“hai la faccia da gay“). Nel 2019 Bolsonaro ha fatto sapere alla Corte Suprema brasiliana che “l’omofobia non sarà mai reato”, per poi precisare che il Brasile non sarà mai il “paradiso del turismo gay“. In passato aveva affermato che preferirebbe avere un figlio morto, piuttosto che gay, mentre in un’intervista con Playboy aveva ammesso che “sarebbe incapace di amare un figlio omosessuale”. Per poi aggiungere: “Se una coppia gay venisse a vivere nel mio edificio, la mia proprietà perderebbe valore. Se camminano per mano, si baciano, perderebbe valore!”.
150 milioni di brasiliani sono oggi chiamati alle urne. Bolsonaro vs. Lula, per voltare pagina, per chiudere un capitolo che ha alimentato odio, per riaprirne un altro che a suo tempo aveva generato speranza.
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