Gli anni settanta sono stati un’epoca determinante per il movimento femminista: da Gloria Steinem a Betty Friedan innumerevoli donne hanno lottato, protestato, e alzato la voce per rivendicare una parità dei generi, emancipandosi dai rigidi ruoli precostruiti dello status quo. Ma se l’ERA (Equal Rights Amendement) diventava luce di speranza per tante, per alcune fu un incubo da debellare il prima possibile. Questa intera classe sociale era capitanata da una donna che prendeva il nome di Phyllis Stewart Schlafly.
Schlafly, nata nel 1924 a St. Louis e cresciuta da una famiglia cattolica, fu sin da subito simbolo del movimento repubblicano (nel 1952 si candidò per le elezioni alla Camera dei Rappresentanti senza grande riscontro). Moglie del ricco avvocato John Schlafly e madre di sei figli, Schlafly aveva un’idea ben precisa dell’essere donna, e la rivendicava e difendeva con le unghie e con i denti: devota alla casa e la famiglia e sempre orgogliosamente al “suo posto”, nello specifico, un passo indietro il marito. “Cancello i discorsi pubblici ogni volta che secondo mio marito sono troppo lontana da casa” disse a Time Magazine nel 1978, mentre nel 2007, in un convegno presso il Bates College di Lewiston, si dichiarò apertamente contro il concetto di stupro coniugale: “Sposandosi la donna acconsente al sesso, non possiamo chiamarlo stupro” dichiarò.
La nascita dell’ERA fu per Schlafly e tutte le donne che promuovevano quella scuola di pensiero, un affronto ad un’intera formamentis, ma non solo: nel 1972 Schlafly fondò il movimento STOP THE ERA, dove STOP stava letteralmente per “stop taking our privileges“, nello specifico il privilegio di essere madre e moglie benestante americana. STOP riteneva che il movimento femminista avrebbe impedito ad ogni donna di scegliere una vita più “tradizionale”, sottraendola da quei ruoli di genere che per mille altre erano una gabbia da cui liberarsi il prima possibile. Rivendicavano la leva militare – temendo che una parità dei generi avrebbe permesso anche alle donne di arruolarsi, destabilizzando ancora di più i ruoli famigliari –, accusavano le femministe di ignorare le vedove, le donne anziane, e tutte le donne in maggiore difficoltà nella classe abbiente. Per quanto assurda su carta, STOP riuscì effettivamente a rallentare l’approvazione dell’Equal Rights nei restanti 38 stati, rafforzando la controparte conservatrice.
Schlafly si opponeva diametralmente alla riforma sull’immigrazione (“Le persone che i repubblicani dovrebbero raggiungere sono i voti bianchi” dichiarò), i diritti delle persone LGBTQIA+ che ritraeva come un affronto all’istituzione della famiglia, e nel 1995 definì le nazioni unite “un compromesso imbarazzante“. Morì di cancro nel Settembre 2016, dopo la pubblicazione del suo ultimo libro “The Conservative Case for Trump”, definendo l’ex presidente “l’ultima speranza per l’America“.
Ma il più grande paradosso di Schlafly è che – inconsapevolmente o meno – lei per prima stava andando contro quei ruoli che difendeva con il megafono: seppur promotrice di una visione terribilmente anacronistica con i tempi e punta di diamante del bigottismo dell’epoca, Schlafly si allontanava dalla cucina, saliva sui palchi e comunicava alle masse,, attivandosi come leader agguerrita con la stessa determinazione e passione delle sue acerrime nemiche femministe. Tra le altre cose, Schlafly era stata cresciuta da una madre lavoratrice, un padre disoccupato, e suo figlio John Schlafly era gay (nel 1992 la rivista Gay Week gli fece outing). Tanto che l’ERA la definì “una donna estremamente emancipata” – seppur per tutti motivi sbagliati.
Nel 2020 Cate Blanchette interpretò Phyllis Schlafly per la serie HBO Max “Mrs America” (disponibile su Timvision).
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