A Gay.it parla Rozanov di ‘NC SOS’: “Con la guerra in Ucraina, le persone LGBT+ di Russia e Cecenia sempre più in pericolo”.

Massacrati durante le proteste, tagliati fuori dall’informazione, bloccati dal fly-ban: "Dare voce non è una questione di solidarietà, ma di partecipazione, libertà e diritti, che devono essere rispettati a ogni latitudine".

russia lgbt cecenia guerra ucraina Miron Rozanov
russia lgbt cecenia guerra ucraina Miron Rozanov NC SOS
4 min. di lettura

C’è un altro mondo dentro la Russia. Solo che noi gli diamo le spalle. Un mondo che non riesce ad entrare nei media tradizionali o a irrompere sui social con hashtag e slogan potenti. È quello di chi dice no.

Quello della Russia attraversata dalle proteste al regime di Putin, da esercizi di resistenza e lividi. Graffi, ferite aperte, labbra terribilmente gonfie e nere come quelle di L. arrestato durante la manifestazione a San Pietroburgo, organizzata per dire “No” alla guerra scatenata dal regime russo in Ucraina. La polizia lo ha sbattuto in carcere, insultato e poi massacrato di botte. Non vuole parlare, non può. In Russia è impossibile. Qualsiasi racconto rischia di andare contro le sanzioni penali approvate dalla Duma: fino a 15 anni di carcere per chi diffonde “false informazioni” sull’operazione militare in Ucraina, e discredita le forze armate.

Con Gay.it siamo riusciti a contattare Miron Rozanov, addetto stampa di Crisis Group “NC SOS”, organizzazione che dal 2017 aiuta la comunità Lgbt+ del Caucaso del Nord (tra queste la Cecenia) a lasciare il paese e salvarsi da una sorte certa. Dopo aver intervistato Lenny Emson, portavoce della comunità Lgbt+ ucraina, allarghiamo lo sguardo e ci chiediamo:

Come vive la comunità russa la guerra di Putin?

Il presente ci chiede sfide difficili, c’è chi vuole alzare muri, noi andiamo oltre. Dare voce non è una questione di solidarietà, ma di partecipazione, libertà e diritti, che devono essere rispettati a ogni latitudine.

 

  • Miron Rozanov, la prima cosa che voglio chiederle è cosa pensate della guerra Russo-Ucraina? 

Ci siamo sempre dichiarati contro la violenza e le azioni militari, continueremo a farlo. Esprimiamo piena solidarietà al popolo ucraino. E come organizzazione che lotta per i diritti umani non sosteniamo le azioni dell’autorità russa. Non ci sono giustificazioni per violenze, omicidi e crudeltà.

 

  • Qual è la situazione per la comunità Lgbt+ in Russia oggi? Mi spiego: questo conflitto è entrato anche nel vostro paese con le sue sanzioni, le sue censure e la paura per il futuro. Come state vivendo tutto questo?

Negli anni recenti la Russia si è resa responsabile di purghe contro attivisti, difensori dei diritti umani e giornalisti indipendenti. Sono aumentate le censure da parte delle autorità e allo stesso tempo i deputati  hanno espresso pubblicamente e a voce alta sempre più dichiarazioni omofobe e transfobiche. Le persone Lgbt+ in Russia, che non sono protette da nessuna legge, provano una crescente pressione. Alimentare l’omofobia è una delle tecniche usate dalla propaganda dei media russi. La guerra con l’Ucraina, dunque, mette le persone Lgbt+ in una posizione di forte vulnerabilità. La censura in Russia si è irrigidita. La tensione nella società non è mai stata così alta. C’è una polarizzazione della popolazione e l’enorme apparato propagandistico è diventato più forte di prima

 

  • Ho letto molto delle proteste in Russia contro questa guerra. Leggiamo di gente in prigione, malmenata, qualcuno ha scritto che la polizia ha iniziato a controllare gli attivisti Lgbt e incolparli per le proteste, è vero?

Va detto che una larghissima parte della popolazione russa non supporta le azioni del presidente e organizza proteste in moltissime città. Sfortunatamente, non esiste libertà di espressione in Russia.  Da sempre ogni singola manifestazione, ogni singolo sit-in termina con l’arresto. Centinaia di persone vengono imprigionate ovunque in Russia, ogni giorno. Chiunque partecipi a una protesta e coraggiosamente urli “no alla guerra” rischia molto. Gli attivisti lgbtq+ partecipano alle proteste. E sì, posso confermare che le azioni della polizia sono particolarmente feroci contro questi detenuti. C’è un’omofobia palese che esplode ogni volta contro di loro, una violenza crudele. Non posso dire che le persone Lgbt vengano accusate di aver pianificato queste manifestazioni, non ne ho le prove. Ma posso dire che qualsiasi persona che partecipa a una protesta in Russia può aspettarsi una causa penale e anni di carcere. La polizia russa lavora così.

 

  •  L’Unione europea ha disposto la chiusura dello spazio aereo ai voli provenienti dalla Federazione Russa, questo sembra essere un danno per la comunità Lgbt. Può spiegarci il perché?

La chiusura dello spazio aereo è un grosso problema per i gruppi vulnerabili della popolazione russa. Faccio un esempio, il mondo intero sa degli omicidi e delle torture delle persone Lgbt+ in Cecenia sin dal 2017. I rapimenti continuano. Spesso, l’unico modo sicuro per salvarsi per i rifugiati ceceni è chiedere asilo in un altro paese. Non in Russia. Questo perché la polizia russa coopera con le armate cecene e insieme sequestrano le persone. Vorrei ricordare la storia di Salekh Magamadov e Ismail Isaev, rapiti nella città russa Nizhny Novgorod dopo essere scappati dalla Chechnya il 4 febbraio del 2021. Un anno dopo: condannati a 8 anni di prigione. La polizia russa e le forze di sicurezza cecene dopo averli rapiti li hanno accusati di crimini fasulli, costruiti ad arte.

Ho il timore che con le sanzioni e i cieli chiusi, moltissimi rifugiati lgbt+ della Cecenia affronteranno un gravissimo pericolo. Mi si spezza il cuore. Stiamo lavorando per evacuare continuamente queste persone Ma ci riusciremo? Non lo sappiamo. Mi appello alla politica internazionale, agli attivisti per i diritti umani e chiedo loro di pensare a un’operazione efficace, insieme. Possiamo creare dei corridoi umanitari per le persone Lgbt+ della Cecenia. Nessuno dovrebbe subire torture, nessuno merita di morire per il proprio orientamento sessuale.

 

 

Foto di copertina: Celebre scatto della repressione della polizia di Mosca ai danni di manifestanti di un tentativo di Pride nel 2015.

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