7 anni dopo la chiusura dell’acclamata serie e 3 anni dopo l’inatteso boom del primo adattamento cinematografico, Julian Fellowes è tornato a Downton Abbey con l’atteso sequel cinematografico, diretto da Simon Curtis e nelle sale d’Italia dal 28 aprile.
21 anni fa premio Oscar per lo script di Gosford Park di Robert Altman, Fellowes è riuscito a riunire il gigantesco cast per una nuova e probabilmente ultima avventura, ambientata nel 1930, con il cinema ‘sonoro’ che sbarca nella leggendaria tenuta di campagna nello Yorkshire del Conte e della Contessa di Grantham, archiviando l’epoca del muto. Tra un ciak e l’altro c’è spazio e tempo per un viaggio nel sud della Francia, perché la Contessa Madre di Grantham ha misteriosamente ereditato una villa da un uomo conosciuto 60 anni prima. Quale segreto si cela dietro quell’inspiegabile testamento?
Hugh Dancy, Laura Haddock, Nathalie Baye, Dominic West e Jonathan Zaccaï solo le new entry attoriali di Downton Abbey 2, che vede l’87enne Maggie Smith ancora una volta nei panni della cinica e straordinaria Violet Crawley, al fianco di Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Jim Carter, Brendan Coyle, Michelle Dockery, Kevin Doyle, Joanne Froggatt, Harry Hadden-Paton, Robert James-Collier, Allen Leech, Phyllis Logan, Elizabeth McGovern, Sophie McShera, Tuppence Middleton, Lesley Nicol Imelda Staunton e Penelope Wilton.
Tutti insieme appassionatamente, all’interno di una complicata produzione portata a termine in pieno Covid, in un film di due ore che abbraccia tematiche, intrecci narrativi e misteri che avrebbero tranquillamente potuto riempire un’intera stagione televisiva. Per i fan di Downton Abbey, negli anni in grado di vincere 14 Emmy, un gradito ritorno a casa.
Perché la scrittura di Fellowes, fresco padre dell’altrettanto apprezzata serie in costume The Gilded Age, è rimasta fedele alle stagioni televisive che furono, con personaggi ormai talmente conosciuti ed amati da poter essere quasi considerati parenti, amici. I 237,860,050 dollari incredibilmente incassati dal primo film, che ne era costati appena 13, hanno permesso alla produzione di aumentare il budget a disposizione, con location da urlo sulla costa francese, ville faraoniche e ancor più ricchezza esplicitata, all’interno di una trama che vede il passato della Contessa Madre insinuare atroci dubbi a Robert Crawley, Conte di Grantham, mentre il cinematografo irrompe nella secolare Downton Abbey a suon di sterline che nessuno potrebbe permettersi di rifiutare.
Fellowes e Simon Curtis omaggiano il Cinema e le origini del sonoro con intelligenza ed autoironia, riportando alla luce un epocale passaggio di consegne, che stroncò carriere e tramutò la settima arte in qualcosa di inedito e ancor più rivoluzionario. Se nel primo film avevamo visto Thomas Barrow trovare un’illusione d’amore nei confronti di un uomo, l’omosessualità del maggiordomo torna d’attualità in questo sequel grazie all’ingresso del divo del muto interpretato da Dominic West.
La loro storia è limpida, dolce, terribilmente rapida. Bastano poche parole e pochi sguardi per farli innamorare, con Barrow finalmente libero di vivere apertamente la propria omosessualità, alla luce del sole hollywoodiano, al fianco di un uomo che non si vergogni di lui e del loro amore. In un Regno Unito in cui essere gay significava finire in carcere, l’omosessualità di Barrow non viene mai trattata esplicitamente all’interno della famiglia Crawley ma è ampiamente accettata, guardando ad un mondo futuro che non sia più tanto crudele con le persone queer. Tutto è molto, troppo affrettato, tra Robert James-Collier e West, ma non c’è più tempo da perdere dinanzi all’infelicità di un uomo troppo a lungo obbligatoriamente pennellata, visti i tempi in cui è ambientata la storia, con Fellowes molto semplicemente orientato a dipingere una favola d’amore in anni a dir poco complicati per un’intera comunità.
In poco più di due ore Fellowes e Curtis seminano matrimoni, funerali e nuove nascite, lacrime (preparate i fazzoletti) e risate, nuovi e vecchi amori mai dimenticati, misteri da risolvere e segreti da confessare, potenziali mortali malattie e dolorosi lutti.
Il più che riconoscibile ‘stile’ Downton Abbey, andato avanti per sei memorabili stagioni tv, 52 episodi ed un primo film, saldamente ancora una volta centrato, perché chiunque abbia amato la serie televisiva non vorrebbe altro se non questo, e vorrebbe continuare ad ammirarlo da qui ai prossimi decenni. Uno straordinario feuilleton in costume che trasuda eleganza e buoni sentimenti, inondando piccoli e grandi schermi di serenità, senza mai scivolare nel gratuito pecoreccio. Ciò che Bridgerton, per fare un esempio, neanche volendo riuscirà mai ad essere.
Voto: 6.5
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