Il cinema horror è femminista o misogino?

Tra final girls e scream queens, c'è emancipazione femminile nei film horror?

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nightmare on elm street
heather langenkamp e robert Englund in nightmare
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Cinema horror e mondo LGBTQIA+ hanno molto più in comune di quanto pensiamo. Ne parliamo meglio con Queer Horror, una rubrica settimanale che vi farà compagnia da oggi al 31 Ottobre, per scoprire tutti film più (imprevedibilmente) queer della storia del cinema horror. Prontə?

Come si sopravvive in un film horror? Stando agli slasher movie (ndr. sottogenere che indica quei film composti da un gruppo di adolescenti, tendenzialmente arrapati, fatti a fettine dal serial killer di turno) le femmine se la cavano meglio dei maschi. Ma se avete famigliarità con il genere, vi accorgerete che la Final Girl (termine coniato dalla professoressa e critica americana Carol J. Clover nel saggio Men, Women, and Chainsaws) non è una ragazza qualsiasi.

Tra  il 1978-1984, epoca d’oro dello slasher, in questa valanga di titoli generati con il pilota automatico, l’unica certezza era che la protagonista femminile sarebbe stata l’unica a sconfiggere il mostro di turno e superare i titoli di coda. In un genere cinematografico dominato dallo sguardo e la mano maschile, le donne hanno sempre avuto un ruolo centrale alla storia: il pubblico, maschile o femminile che sia, tifa e si identifica con lei che diventa simbolo di resilienza e coraggio.

halloween
Jamie Lee Curtis in Halloween (1978)

Le donne nei film horror sembrano uscirne vincenti, ma come scrive J. Clover considerare la Final Girl un trionfo femminista “é una pia illusione particolarmente grottesca”. In questi film l’eroina sopravvive solo a specifiche condizioni: è giudiziosa, materna, sensibile, e soprattutto quanto di più puro potreste incontrare. In Halloween (1978) di John Carpenter, Laurie Strode (interpretata dall’iconica Jamie Lee Curtis) è una studentessa timida e impacciata, considerata “troppo intelligente” per i ragazzi. Ma a rimetterci le penne sono le sue amiche Linda e Glenda, ritratte come superficiali, svampite, sboccate e sessualmente attive. Laurie è un angelo del focolare che non comportandosi “come le altre ragazze” riesce a sconfiggere Micheal Meyers (almeno fino al sequel).

Questo cliché varrà per ogni altro titolo da fine anni ’70 in poi: la salvezza è il premio per la propria castità, per essersi comportate “bene”, e aver dimostrato di essere migliori delle altre tanto da meritarsi di vivere. Se da una parte la Final Girl rappresenta un trionfo per un certo tipo di femminismo, dall’altra demonizza ogni donna che non rispecchia quello specifico modello. I film horror spesso si rivelano specchio riflesso della consapevolezza culturale dell’epoca: tra gli anni ’70 e ’80 le donne sullo schermo venivano assassinate e violentate come una forma di intrattenimento che rispecchiava la violenza che vivevano anche nella vita reale.

scream 2
Il cast femminile di Scream 2 per Rolling Stone, 1997

Ci hanno pensato gli anni Novanta a rivitalizzare il genere: Scream di Wes Craven nel 1996 raccolse tutti i cliché più abusati e triti rimescolandoli in una salsa autoironica, autoreferenziale, e mille volte più consapevole. Un gioco metacinematografico tra citazionismo e luoghi comuni, che non ha dimenticato le protagoniste femminili. Le protagoniste di Scream sono argute, senza peli sulla lingua, e tutt’altro che remissive. Naturalmente c’è l’eroina che sopravvive ad ogni film, ma Sidney Prescott (interpretata da Neve Campbell) si scaccola serenamente mentre parla al telefono con il killer e rompe “le regole” facendo sesso a metà film. Al contempo, l’altra spalla femminile della saga Gale Weathers (Courtney Cox) è una giornalista calcolatrice, acidissima e dalle battute affilate.

Scream, e gli anni Novanta non hanno completamente azzerato il sottostrato misogino del genere, ma hanno contribuito a rendere le donne nel cinema non solo delle mere proiezioni dei pregiudizi maschili, ma dei personaggi a trecentosessanta gradi. Nel 2009, Diablo Cody ci ha fornito forse uno degli horror più femministi degli ultimi anni: Jennifer’s Body fu all’epoca un fiasco di critica e pubblico. Fischiato a destra e manca come una commedia sporcacciona costruita su misura per la bomba sexy Megan Fox, il film era molto più intelligente della campagna sessista che l’ha accompagnato. Jennifer non solo perde la verginità dopo quindici minuti di visione, ma viene posseduta da un demone che mangia ogni ragazzo in circolazione. La sceneggiatura di Diablo Cody (oltretutto, uno dei pochi esempi di registe e sceneggiatrici donne nel cinema horror nei primi anni Duemila) si prendeva gioco del male gaze, ribaltando completamente la figura della femme fatale senza cervello.

Megan Fox
Megan Fox in Jennifer’s Body (2009)

Negli ultimi anni il connubio tra ragazze promiscue e morte ha visto finalmente nuovi passi avanti: in It Follows (2014, acclamato debutto di David Robert Mitchell, la studentessa Jay (Maika Monroe) facendo sesso contrae una maledizione che inizia (letteralmente) a seguirla ovunque va. Ironia della sorte, l’unica via per liberarsene e fare sesso di nuovo e passarla a qualcun altro. Con non pochi parallelismi alla paranoia e lo stigma delle malattie sessualmente trasmissibili, in It Follows fare sesso conduce sia alla morte che alla salvezza, e nessun protagonista, femmina o maschio che sia, è disposta a rischiare la vita pur di privarsene. Nel 2019 Ready Or Not (da noi diventato Finché Morte non ci Separi) riscrive da capo l’immagine della Final Girl rassicurante e immacolata: la novella sposa Grace (Samantha Weaving) passa una nottata a combattere contro marito e famiglia, uccidendo letteralmente il patriarcato e tutte le norme dello status quo borghese.

Un passo alla volta, anche cinema horror continua ad evolversi insieme alla società, facendo a pezzetti gli stessi dogmi culturali che un tempo davamo per scontati. Nella speranza di sconfiggere i mostri che incontriamo. Finti o reali che siano.

Leggi anche: Perché Hellraiser è un inaspettato classico del cinema queer

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