Legge contro l’Omotransfobia, le critiche del “cattodem” Stefano Ceccanti e la difesa di Monica Cirinnà

E il relatore Alessandro Zan ribadisce: "nel testo nessun riferimento alla libertà d’espressione, che non può però includere l’incitamento all’odio".

Lo giudice
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Erano annunciate, attese, e puntualmente sono arrivate. Perché l’ala cattolica del Partito Democratica, rimasta in parte integra (soprattutto in parlamento) anche dopo l’addio di Matteo Renzi e la nascita di Italia Viva, ha iniziato a metter bocca sulla legge contro l’omotransfobia, ormai prossima all’arrivo alla Camera dei Deputati.

Stefano Ceccanti, costituzionalista cattolico ed ex presidente della Federazione universitaria cattolica italiana, ha rilasciato un’intervista all’Avvenire in cui ha dato  ragione alla CEI, la scorsa settimana gratuitamente durissima nei confronti del DDL. Il deputato Pd ha prima sottolineato come una legge che contrasti l’omofobia sia “opportuna, anzi necessaria”, perché “il linguaggio di odio crescente verso determinate minoranze, che si alimenta soprattutto attraverso i social, richiede uno specifico intervento”. Ceccanti ha però poi definito ‘giustificati’ i timori della CEI, che aveva addirittura ventilato ‘derive liberticide’, paventando il rischio dell’introduzione di un presunto reato di opinione, in realtà inesistente. Per scongiurare tutto ciò, a detta di Ceccanti la legge dovrebbe enunciare bene le sue finalità già all’articolo 1. “L’aspetto preventivo-culturale dovrebbe essere indicato come prioritario rispetto a quello repressivo, volto a sanzionare condotte delittuose di istigazione e compimento di atti dicriminatori e violenti. Ma le condotte istigatorie debbono comportare un pericolo chiaro e presente. Ferma restando, va specificato, la libera manifestazione del pensiero garantita dall’articolo 21 della Costituzione“.

Il rischio, abbondantemente previsto, è che all’interno dello stesso Partito Democratico ci si ritrovi a dover combattere tra chi vuole depotenziare il DDL, giorni fa anticipato dall’Espresso, e chi vuole coerentemente lasciarlo inalterato.

Il relatore Alessandro Zan, proprio dalle pagine dell’Avvenire, ha ribadito  come il rischio di ‘derive liberticide’  made in CEI sia semplicemente inesistente: “Nella formulazione del testo unico che presenteremo mercoledì prossimo, estendiamo i crimini omotransfobici solo per l’istigazione all’odio e alla violenza. Nessuno riferimento ai commi dell’articolo 604 che fanno riferimento alla libertà d’espressione. D’altra parte già la legge Mancino, che nel ’93 aveva modificato la precedente legge Reale, li aveva inseriti solo per impedire la propaganda dell’odio razziale e per frenare il negazionismo. Eppure quella parte della legge, considerata di dubbia costituzionalità, non è mai stata concretamente applicata“. “Certamente nella libertà d’espressione non si può includere l’incitamento all’odio. Ecco perché la libertà d’espressione, garantita dalla Costituzione, dev’essere bilanciata dal rispetto della dignità umana“.

Chiaro anche, secondo Zan, il confine tra libertà d’espressione e violazione della dignità umana: “Più che la mia opinione, è importante quanto afferma a questo proposito la Cassazione nella sentenza del 23 giugno 2015, in riferimento all’odio razziale o etnico. Non è un qualsiasi sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto, ma dev’essere motivato ‘da un sentimento idoneo a determinare il concreto pericolo di comportamenti discriminatori’. E ancora la Cassazione spiega che il giudice, tenendo conto del contesto in cui si colloca la singola condotta, ‘deve assicurare il contemperamento dei princìpi di pari dignità e di non discriminazione con quello della libertà d’espressione’. Con lo stesso criterio guardiamo ai reati lesivi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Come vede, c’è una giurisprudenza consolidata. Sarebbe impossibile inventarsi derive rischiose“.

Intervistata da LaRepubblica, la senatrice DEM Monica Cirinnà ha invece difeso con le unghie il DDL a breve in aula, perché “si tratta di una legge attesa da più di vent’anni, che dà risposta a un’urgenza sempre più avvertita nel paese. Basta aprire un giornale per rendersi conto che sono ancora tanti, troppi, gli episodi di discriminazione e violenza ai danni delle persone Lgbt e delle donne colpite da misoginia. Io ricevo continuamente segnalazioni, richieste di aiuto, testimonianze che fanno venire i brividi”. “Ai vescovi ricordo che violenza e discriminazione non sono opinioni, ma azioni che possono arrivare a crimini d’odio. Il bavaglio qui non c’entra“, ha tuonato la madre delle unioni civili all’italiana, ancora una volta in prima linea nell’ampliamento dei diritti: “nonostante le conquiste degli ultimi anni – penso soprattutto alla legge sulle unioni civili – evidentemente c’è molto lavoro da fare per consolidare in Italia una cultura del rispetto e della pari dignità. Per questo, è necessaria una buona legge, che non si limiti a ricorrere allo strumento penale, ma metta in campo politiche e risorse, per garantire supporto e sostegno alle vittime, ma anche azioni di prevenzione. La bozza di testo unificato circolata in questi giorni va esattamente in questa direzione e va approvata in fretta”.

Il principio deve essere chiaro per tutti, vescovi compresi: violenza e discriminazione non sono opinioni, come non lo sono i discorsi d’odio. Una cosa è la libertà di espressione, il pilastro della nostra convivenza democratica, che nessuno sta mettendo in discussione. Però non possiamo fare finta di non sapere – e ci sono decenni di giurisprudenza della Corte costituzionale e delle Corti europee – che questa libertà non si può spingere fino alla libertà di discriminare, di essere violenti, di offendere la dignità altrui. Questa legge non persegue le opinioni ma solo le azioni violente che ne possono seguire.

E infine, per la Cirinnà, sarà impossibile non tornare su quella stepchild adoption nel 2016 sacrificata sull’altare delle unioni civili, causa voltafaccia grillino e ricatto firmato Alfano alla maggioranza: “Non voglio più sentire parlare di scontro ideologico sulla stepchild adoption, ma di dare a tutti i bambini gli stessi diritti e tutele. Questo si ottiene con il riconoscimento della genitorialità alla nascita. Sulla gestazione per altri sono favorevole a discutere in Italia una legge su basi etiche come quella del Canada e della California, sono contraria a tutte le leggi commerciali”.

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