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Il Refuge lgbt di Roma resta aperto. Pietro Turano ci racconta tutto

Dopo la perdita del sostegno di Croce Rossa, il portavoce di Gay Center parla con Gay.it delle difficoltà e dei nuovi progetti. E dell'importanza di costruire narrazioni alternative.

4 min. di lettura

A Roma, la casa Refuge lgbtprima struttura di accoglienza in Italia per giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender – nei difficili mesi precedenti ha rischiato la chiusura. A causarne la crisi è stata la perdita inaspettata del sostegno di uno dei partner principali (la Croce Rossa di Roma), che “ha messo in discussione tutta l’organizzazione interna del progetto“, ci spiega Pietro Turano – portavoce di Gay Center.

Siamo riusciti a conservare l’interlocuzione con le istituzioni a livello territoriale, che ci hanno aiutato a tenere in piedi la nostra realtà. E grazie a un’efficace risposta di sostegno con l’attivazione di una raccolta fondi per il progetto siamo riusciti a venir fuori dal momento critico. Ora, senza aver dovuto interrompere la nostra attività, possiamo dire che siamo funzionanti con operatori h24 in casa e personale che si dedica ai bisogni dei nostri ragazzi”

L’aiuto principale è arrivato dalla Regione Lazio a cui si è aggiunto il sostegno di alcune aziende come Marcelo Burlon County of Milan e Sephora Italia. Ancora oggi la questione essenziale che va affrontata è l’incapacità, su piano nazionale, di riconoscere l’efficacia e l’importanza di progetti del genere e l’assenza di tutele specifiche che possano sostenere queste realtà.

“Negli anni, i problemi affrontati hanno riguardato – e tutt’ora riguardano – principalmente la casa accoglienza, Refuge lgbt. Le difficoltà ci sono e sono legate al fatto che non c’è un riconoscimento strutturale da parte delle istituzioni. Noi subiamo un sostegno discontinuo per i nostri progetti“.

Continua Pietro Turano, che nei giorni sorsi è sceso in piazza, come tantissime altre persone, dopo la decisione del Senato di affossare il DDL Zan. In particolare, ieri è stato pubblicato, tramite i canali social de L’Espresso, un videomessaggio contro le grida e gli applausi in Senato dello scorso 27 ottobre; gesti poco degni di un’Istituzione della Repubblica italiana.

“Una sconfitta generale di un’intera classe politica che non ha fatto il suo lavoro”.

 

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Il progetto Refuge LGBT nasce da una idea di Gay Center / Gay Help Line nel 2007 e solo nel 2016 inizia la sua attività di accoglienza. Con l’aiuto delle realtà fondatrici (Arcigay Roma, Differenza Lesbica Roma, NPS, Azione Trans) il centro segue i ragazzi abbandonati dalle proprie famiglie a causa del loro orientamento sessuale.

“Il nostro Center è contro l’omotransfobia, è un punto di ascolto attraverso la linea telefonica e la chat anonima; inoltre, mettiamo a disposizione un servizio di consulenza, dal supporto psicologico, a quello medico, a quello legale. Una persona che è vittima di violenza ha bisogno di una serie di necessità, principalmente il diritto di vedersi riconosciuta“.

Il lavoro del Gay Center riguarda anche la prevenzione e la cura. Vengono eseguiti i test per l’HIV e vengono avviati dei protocolli di invio alle realtà sanitarie a Roma. Fondamentale per il Centro è la socializzazione e sensibilizzazione.

“In particolare ci rivolgiamo ai ragazzi che hanno bisogno di condividere la propria identità e hanno bisogno di viversi liberamente senza la paura del pregiudizio”, – continua Turano – “creando degli spazi di riconoscimento dell’altro”.

Questa parte delicata del lavoro si svolge con dei gruppi under-21 che aiutano i ragazzi più giovani e altri under-27 per quelli più grandi.  Sono tutti essenziali per la costruzione di narrazioni alternative e per riuscire a condividere la propria identità e portarla anche fuori dal Centro.

“È un lavoro complesso ma deve essere completo, per poter raccontare a 360° le identità”.

Gay Center Turano
Campagna Gay Help Line, 2021

È complesso anche creare una rete tra le varie associazioni e i centri di accoglienza. Ciò è dovuto proprio alla scarsa attenzione nel nostro Paese su questi progetti e all’assenza di una base legislativa e finanziaria che li sostenga.

“Proprio perché si parte da progetti individuali  si nasce dalla buona volontà dei singoli e delle singole realtà  È importante condividere informazioni ed è importante dare una risposta condivisa. Siamo tutti in difficoltà e unirsi può essere un aiuto in questo momento che tutele specifiche non ci sono”.

Ci spiega l’attivista romano ed è chiaro quanto sia necessario combattere l’ignoranza che porta a non comprendere i problemi che i ragazzi abbandonati dalla propria famiglia, per il loro orientamento sessuale, si trovano a subire.

“Bisogna capire la lunga durata di questi progetti partendo dalle realtà territoriali fino a quelle nazionali. La risposta delle istituzioni è importante per garantire il sostegno a queste strutture. Dall’assistenza sul piano sociale, all’integrazione con i servizi al cittadino. Ad esempio, cambiare residenza ai ragazzi che non vogliono lasciarla nel posto in cui sono nati e vissuti; dare loro un supporto economico, la possibilità di lavorare… Tutte queste sono soluzioni che noi dobbiamo dare e vorremmo degli aiuti previsti e sicuri“.

I quasi due anni di pandemia hanno reso molto complesso il lavoro del Gay Center e la vita dei ragazzi vittime di violenza. Soprattutto il confinamento in casa si è rivelato critico; sono in molti infatti a trovare accoglienza e sicurezza fuori dalle proprie famiglie.

“Uno strumento in più che abbiamo scoperto è la mediazione familiare, cioè intervenire anche su quelle figure adulte che non hanno gli strumenti per riconoscere e accettare l’identità dei loro figli. Così da prevenire la  violenza lavorando sull’ignoranza e i pregiudizi”.

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