C’erano 150.000 persone ieri alla marcia Pride Torino. Un trionfo di colori, musica e rimembranza sia per i moti di Stonewall, che per le battaglie che dobbiamo ancora affrontare. Tantissimi i memoriali per Cloe Bianco e per tutti coloro che – ancora oggi – devono lottare per esistere.
Il motto del Pride di quest’anno a Torino era “Queer e ora“, ideato e sviluppato dal coordinamento del Torino Pride GLBT, capitanato da Marco Giusta. Uno slogan che parla di una discussione sui diritti della comunità LGBTQ+ in Italia che non può più aspettare, e che chiede a gran voce un cambio di rotta rispetto ai vergognosi eventi a cui si è assistito durante l’affossamento del DDL Zan.
Il corteo ha visto la partecipazione di 18 carri. Tra i più noti, quello del Bananamia in testa, Arcigay, Qimanji, ma anche quello dei giornalisti della Stampa, intervenuti per mostrare vicinanza e supporto alla comunità LGBTQ+ torinese anche da parte dei media.
Partita da Corso Principe Eugenio, la coloratissima e rumorosissima manifestazione ha portato l’orgoglio queer per tutte le vie della città magica, culminando in Piazza Vittorio, con gli interventi di tantissimi attivisti della sfera LGBTQ+.
“C’è una grandissima partecipazione. Tanti temi, tante energie e tantissime persone in piazza, non perché vogliono un futuro migliore ma perché vogliono essere felici adesso ed essere sè stessi adesso” ha dichiarato Marco Giusta nel suo intervento, riferendosi al motto Queer e ora.
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Hanno partecipato, in prima fila, anche il Sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, l’assessore Jacopo Rosatelli e Vladimir Luxuria, ex politica italiana nonché direttrice del Lovers Film Festival, altro evento chiave per la comunità LGBTQ+ torinese. Luxuria ha chiesto alla folla di ricordare Cloe Bianco, dichiarando:
“Mi auguro che almeno un docente agli esami di maturità prossimi si vesta con abiti femminili per segno di amore nei confronti di questa vittima di esclusione sociale- Come se essere trans fosse un crimine“
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Quindi, sebbene il Pride Torino sia stata una festa scatenata e piena di colori, è stato anche un modo per ribadire ancora una volta quanto lavoro c’è da fare per arrivare almeno a una parità di diritti e trattamento per le persone LGBTQ+ in Italia.
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Un po’ di storia del Pride Torino
Torino è forse una delle città italiane più “avanti” dal punto di vista dei diritti LGBTQ+: come ha sottolineato Vladimir Luxuria durante il suo intervento, nel 2003 la città magica è stata la prima a consentire agli studenti transgender di avere un libretto alias, con il nome scelto, così da garantire dignità e pari diritti a studenti e studentesse durante il loro percorso di transizione.
Tuttavia, il primo Pride Torino arriverà solo nel 2006, facendo seguito alla propria candidatura a città del Pride Nazionale. Proprio da questa prima scintilla è nato il comitato Torino Pride, che agli albori era un gruppo di attivisti con l’obiettivo di raccogliere tutte le associazioni LGBTQ+ del territorio.
Oggi, quel gruppo di attivisti e quelle associazioni si sono unite sotto il Coordinamento Torino Pride.
Ma l’attivismo Torinese ha radici molto più lontane dei primi 2000: ricordiamo tutti “Fuori!”, il movimento nato nel 1971 costituito da gay credenti, il primo Convegno Internazionale Lesbico, il primo consultorio pubblico per i percorsi di transizione fino a oggi – con il Lovers Festival, evento chiave per la comunità LGBTQ+ non solo torinese, ma di tutta Italia.
Naturalmente, come tutte le manifestazioni Pride sul territorio italiano, Pride Torino nasce prima di tutto per ricordare i moti di Stonewall, quando comunità LGBTQ+ e polizia si scontrarono ferocemente a New York.
I tumulti videro il culmine il 28 Giugno 1969 quando Marsha P. Johnson, donna transgender di colore, esasperata dall’ennesima irruzione violenta e immotivata da parte della polizia allo Stonewall Inn, lanciò un bicchiere in testa a un poliziotto.
Il resto è storia. E dobbiamo tutto a lei.
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