Con 188 voti favorevoli su 350, la Camera Bassa del parlamento spagnolo ha approvato il disegno di legge sui diritti delle persone transgender che permetterà a tutti i cittadini al di sopra dei 16 anni di cambiare legalmente il proprio sesso anagrafico senza autorizzazione giudiziaria o referti medici con una duplice richiesta nell’arco di quattro mesi. Per i ragazzi dai 14 ai 16 anni servirà il consenso dei genitori mentre tra i 12 e i 14 anni sarà necessaria anche l’autorizzazione di un giudice. Al di sotto dei 12 anni, non sarà possibile richiedere alcun cambio anagrafico, se non tramite cosiddetta carriera alias nelle scuole.
Nel caso in cui il provvedimento dovesse essere approvato anche al Senato, tra pochi giorni, la Spagna diverrà uno dei pochissimi Paesi al mondo a consentire l’autodeterminazione di genere attraverso una semplice dichiarazione amministrativa. Per mesi si è discusso, anche all’interno della stessa maggioranza, fino al voto decisivo in Commissione Parità della scorsa settimana che ha blindato il testo da votare. Ovvero cambio anagrafico con vidimazione giudiziale tra i 12 e i 14 anni; previo consenso di padri, madri o rappresentanti legali tra i 14 e i 16 anni, e qualora genitori (o chi ne fa le veci) e figli fossero in disaccordo sarà possibile procedere con un difensore giudiziale; libero oltre i 16 anni.
“Oggi questo Congresso apre le porte a vite più libere“, ha dichiarato ieri la ministra delle Pari Opportunità, Irene Montero, presentando la norma in Parlamento. Nel testo votato c’è anche il divieto alle cosiddette terapie riparative.
Fortemente contrari le opposizioni, ovvero Vox, il Partito Popolare, Ciudadanos, Navarra Suma e Foro Asturias, ma sul fronte dei diritti LGBTQI+ la Spagna è tornata a fare scuola in Europa.
Dopo aver riconosciuto a livello nazionale la coabitazione non registrata tra coppie dello stesso sesso e le unioni civili registrate in alcune città tra il 1994 e il 1997, la Spagna ha legalizzato sia il matrimonio che l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso nel lontano 2005, con il primo governo del premier José Luis Rodríguez Zapatero, del Partito Socialista Operaio Spagnolo. La legge sulla fecondazione assistita è stata modificata nel 2006, con i bambini nati all’interno di un matrimonio omosessuale tra donne da un trattamento di fecondazione in vitro che possono essere legalmente riconosciuti anche dalla madre non biologica, mentre le coppie possono avere accesso alla maternità surrogata se effettuata in un Paese in cui essa è legale.
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